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Olga Scotto di Vettimo
Leggi i suoi articoliRaccontare il «Mare Nostrum» come risorsa ambientale e culturale, economica e simbolica è l’obiettivo della mostra «Thalassa. Meraviglie sommerse dal Mediterraneo», al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) dal 5 dicembre al 9 marzo. Valorizzando le scoperte dell’archeologia subacquea, il percorso ricostruirà la centralità del mare per gli scambi, l’economia e la cultura delle terre emerse attraverso 400 reperti provenienti da istituzioni italiane e internazionali, tra cui il Museo Archeologico di Atene (cui appartengono le circa trenta opere del relitto di Antikythera, prima imbarcazione scoperta nel Mediterraneo agli albori del Novecento).
«Thalassa non è solo una mostra sul Mediterraneo antico, ma è soprattutto un esempio di metodo. Al centro del nostro lavoro ci sono la ricerca scientifica, il sostegno tra enti statali e territoriali, l’apporto delle Università, le professionalità dei giovani archeologi, le azioni innovative di aziende tecnologiche private. Le costellazioni del cosmo celeste dell’Atlante Farnese, simbolo della mostra, non sono solo un riferimento alle rotte nel mondo antico, ma per noi equivalgono a una guida verso un nuovo corso.
Nelle molte sezioni troverete il Mediterraneo antico e il dialogo tra reperti archeologici riemersi dalle acque, tecnologia e ricostruzioni: dai tesori al commercio, dal mito all’economia, dalla vita di bordo alle ville d’otium ai rinvenimenti nelle acque profonde, il visitatore avrà un quadro aggiornato dello stato dell’arte dell’archeologia subacquea del Meridione. Troverete anche le nuove scoperte provenienti dall’area portuale di Neapolis. Thalassa disegna, nel complesso, rotte culturali tra tanti siti campani, del Meridione e di altri Paesi mediterranei», spiega il direttore del MANN, Paolo Giulierini.
In concomitanza con la riapertura della Collezione Preistoria e Protostoria, l’esposizione immersiva e sensoriale «Lascaux 3.0» (dal 31 gennaio al 31 maggio) riprodurrà le condizioni che nel 1940 si presentarono agli «scopritori» della famosa grotta francese, capolavoro dell’arte rupestre. Con l’ausilio di ricostruzioni e apparati multimediali, il pubblico farà un viaggio nel tempo ritrovandosi dapprima in una steppa dominata dagli animali, nell’ambiente che appariva agli antichi abitanti di Lascaux, poi su una collina, nel cuore del Novecento, di fronte alle tracce della storia.
Un’altra grande retrospettiva su un’antica civiltà sarà «Gli Etruschi al MANN» (dal 13 febbraio al 31 ottobre). Due le sezioni, la prima è «Gli Etruschi in Campania», con focus su insediamenti villanoviani come Cuma, Capua e Valle del Sarno (tra X e VIII secolo a.C.), contesti orientalizzanti dalla Valle del Volturno alla Valle del Tevere (VIII-VII secolo a.C.) e materiali etrusco-campani (tra VII e V secolo a.C.); la seconda sezione, «Gli Etruschi al MANN», ricostruisce invece la temperie culturale che in età moderna ha condotto uomini di scienza e studiosi ad appassionarsi alle antichità etrusco-italiche.
In molti casi i reperti usciranno dai depositi per la prima volta: dopo il restauro nel laboratorio del Museo, le opere racconteranno gli Etruschi e coloro che hanno collezionato i segni di questa straordinaria civiltà. Nel 2020 al MANN arriveranno anche «I Gladiatori» (dall’8 aprile al 31 ottobre). Già nell’antichità la loro fortuna andò ben oltre l’arena e accomunò tutto l’Impero, anche le sue propaggini nord-europee.
Circa centocinquanta opere descriveranno l’arte gladiatoria, che caratterizzava la vita quotidiana dei romani dalle domus private (mosaici e affreschi interni, graffiti sulle facciate esterne, oggettistica e ornamenti) agli ambienti pubblici. I gladiatori saranno rappresentati come uomini coraggiosi, pronti ad affrontare la morte in ogni scontro, ma «normali» nella dimensione privata, come provano i testi delle iscrizioni funebri.
La mostra è nata in rete con l’Antikenmuseum di Basilea: dalla Svizzera giungeranno importanti reperti come il mosaico di Augusta Raurica, che, visibile dopo il restauro, rappresenta scene di combattimenti su una superficie di eccezionale estensione.
Un’offerta espositiva variegata garantisce così che il MANN, aperto al territorio, sia strumento di accesso al sapere e non mero contenitore di opere, secondo una politica che Paolo Giulierini, riconfermato alla direzione dell’Archeologico, persegue come uno degli obiettivi primari di gestione. Un’attenzione alle tematiche più scottanti dell’attualità si esprime anche nell’experience exhibition «Capire il cambiamento climatico», che sino al 31 maggio 2020, usando video e filmati della National Geographic Society, guiderà i visitatori a scoprire le cause e gli effetti del riscaldamento globale.

Paolo Giulierini

La facciata del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Foto tratta da Wikipedia
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