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Mario Sironi riemerso alla Sapienza

Federico Castelli Gattinara

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Presentati i primi risultati del restauro del monumentale affresco di Mario Sironi con «L’Italia tra le Arti e le Scienze» nell’abside dell’Aula magna del Rettorato dell’Università La Sapienza di Roma, eseguito dal pittore in poco più di due mesi nel 1935.

Ne abbiamo parlato un anno fa in occasione dell’avvio dei lavori; il 6 giugno sono stati presentati i primi risultati del restauro del monumentale affresco di Mario Sironi con «L’Italia tra le Arti e le Scienze» nell’abside dell’Aula magna del Rettorato dell’Università La Sapienza di Roma, eseguito dal pittore in poco più di due mesi nell’estate del 1935.

È il trionfo dell’Italia fascista che Sironi, tradendo le indicazioni di Marcello Piacentini che lo aveva chiamato a realizzare l’opera, elabora attraverso una serie di allegorie in un crescendo di esaltazione che da lì a pochissimo condurrà alla guerra d’Etiopia e alla proclamazione dell’Impero. Finita la guerra, la damnatio memoriae prende le forme nel 1947 di un completo nascondimento della pittura dietro uno strato di carta da parati, nel 1950 di un intervento di ridipintura da parte del pittore napoletano ma residente a Roma Carlo Siviero.

In una lettera dell’11 settembre 1950 Piacentini scrive a Sironi del suo lavoro tornato alla luce, addirittura «salvato» da Siviero, esortandolo a venire ad ammirarlo (fortunatamente non succederà). In realtà Siviero non colma soltanto le lacune e i danni causati dallo strappo della carta dalla pellicola pittorica, ma ridipinge l’opera quasi per intero: nasconde i simboli del regime (l’aquila, il fascio littorio, la data dell’era fascista e il duce a cavallo sopra un arco trionfale ora ritrovati), ricopre le tinte brillanti di una patina opaca, aggiunge colori inesistenti come il giallo, oscura il cielo trasformandolo da azzurro in grigio, ridisegna vesti, volti e capigliature, smorza le lumeggiature originali e scontorna cose e figure con pesanti riprofilature scure. Il risultato è spaventoso, del Sironi murale non rimane quasi più nulla.

Restauri parziali, studi e test di pulitura si sono avuti nel 1982, 1985 e 1994, ma solo ora l’evoluzione della tecnica di restauro consente di operare con una certa sicurezza sui 94 metri quadrati di pittura, che in realtà è un affresco soltanto parziale, con finiture a secco. Questo perché, oltre ai residui ancora della carta da parati, è molto difficile rimuovere la stesura di Siviero da quello di Sironi, paradossalmente a causa della loro affinità. Ora la procedura da seguire è stata messa a punto, dopo una serie di indagini diagnostiche, test di solubilizzazione, prelievi a tampone, stratigrafie, verifiche del supporto murario, analisi microchimiche e così via.

Gli eredi Sironi hanno messo a disposizione di Università La Sapienza e Iscr, che portano avanti insieme il cantiere anche con gli allievi dell’una e dell’altra istituzione, documenti, bozzetti e cartoni per studi e confronti. Il restauro, sotto la direzione scientifica di Marina Righetti e Gisella Capponi e la direzione lavori di Eliana Billi e Laura D’Agostino, ora procederà spedito fino alla sua conclusione, prevista per il luglio 2017 con una mostra.

Federico Castelli Gattinara, 09 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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