Marino Golinelli instancabile mecenate della cultura

I 100 anni dell'imprenditore farmaceutico tra arte e scienza

Marino Golinelli
Giovanni Pellinghelli del Monticello |  | BOLOGNA

Un centenario vivace e brillante, instancabile. E non si tratta di una ricorrenza o di un anniversario bensì di un uomo che ha compiuto in questi giorni i suoi cento anni di vita e che ha vissuto il suo secolo intero a cavallo fra due secoli frenetici sempre altrettanto freneticamente creando, costruendo, sempre alla ricerca di qualcosa di meglio e di più.

Prima per sé, creando fin da giovane un’impresa farmaceutica a livelli di leader internazionale, poi per i figli, allargando quell’impresa a un articolato «impero» di cui ha lasciato, da vari anni ormai, appunto agli eredi la gestione, innovazione, continuazione.

E infine per il futuro delle giovani generazioni, creando per loro la Fondazione Golinelli (il cui claim è «L’intelligenza di esserci», e la dice lunga…) e le sue diversificate emanazioni, tutte declinate nell’interazione e suggestione reciproca fra Arte e Scienza: il grande «ombrello creativo» Opificio Golinelli, il ciclo di manifestazioni La Scienza in Piazza, lo Start-Laboratorio di Culture Creative, dedicato alla conoscenza, alla creatività e alla diffusione della cultura scientifica e artistica fra bambini e ragazzi dai 2 ai 13 anni e le loro famiglie (nel 2012 qualificato fra i migliori dieci Children Centres a livello europeo), la mostra-laboratorio EmozionArti di Scienza, il Giardino delle Imprese, scuola informale di cultura imprenditoriale che valorizza le doti individuali e le propensioni dei giovani all’intraprendere, il Centro Arti e Scienze Golinelli per la ricerca, l’immaginazione e la sperimentazione, inaugurato nel 2017, e poi nel 2018 l’Incubatore-Acceleratore per nuove realtà imprenditoriali G-Factor e nel 2019 la prima edizione di «Life Science Innovation».

Senza comunque dimenticare il patrimonio culturale del passato bolognese che lo ha sempre visto in prima fila nella tutela, salvaguardia e restauro dei principali «asset culturali» (li chiamerebbe così) della città, a cominciare dall’attenzione speciale e costante riservata al settecentesco e bibienesco Teatro Comunale, la cui platea interamente restaurata e rinnovata «sua impensa refecit» ed è a lui giustamente intitolata.

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