Il direttore del Mann, Paolo Giulierini © Paolo Soriani

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Il direttore del Mann, Paolo Giulierini © Paolo Soriani

Longobardi, Bizantini e Normanni

Nel Mann con Paolo Giulierini: tre grandi mostre più l'auditorium

Direttore del Mann - Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Paolo Giulierini sin dal suo insediamento nel 2015 ha lavorato per recuperare la sua identità come museo della città. Questo è avvenuto nel segno di una concezione dinamica, sensibile al territorio, ma sempre protesa a valorizzare il ruolo del museo in ambito nazionale e internazionale. La riapertura della Sezione Egizia e di quella Epigrafica, l’implementazione dell’informazione digitale, il rinnovamento dell’identità visiva del museo, la predisposizione di un piano di comunicazione (nuovo sito web e social media) e di un piano strategico sono alcuni degli obiettivi già perseguiti dalla nuova direzione.

Direttore Giulierini, quali sono le priorità alle quali sta lavorando?

Siamo impegnati per riaprire, entro la fine del primo mandato [essendo quadriennale scadrà nel 2019, Ndr], la sezione della Magna Grecia, della statuaria campana e l’integrazione delle collezioni di Pompei ad esempio riesponendo in forma permanente gli elmi, gli schinieri e le armi dei gladiatori. Entro lo stesso anno saranno aperti un grande ristorante, una caffetteria e un auditorium da 300 posti, nonché un archivio fotografico e nuovi laboratori didattici nel Braccio Nuovo: insomma il Mann sarà un museo di rango e standard internazionali.

Il 20 dicembre verrà inaugurata la mostra «I Longobardi. Un popolo che cambia la storia», proveniente da Pavia. Quali sono le ragioni della mostra?

Sono convinto che il Mann sia in assoluto il museo che meglio rappresenta la cultura classica e la storia degli scavi, del collezionismo e della museografia occidentale. Sono proprio le caratteristiche ottocentesche di museo universale e la volontà di presentarsi oggi come soggetto attivo nel dibattito culturale e sociale che ci portano a organizzare mostre dedicate al confronto con altre civiltà ritenute, secondo i nostri codici culturali, non canoniche: abbiamo quindi organizzato con la Fondazione Ligabue la mostra «Il mondo che non c’era», dedicata alle popolazioni precolombiane; a dicembre avremo i Longobardi, poi seguiranno i Bizantini e i Normanni. Tutti questi popoli a loro modo hanno avuto connessioni con Napoli e la Campania (re Carlo favorì gli scavi di Palenque in Messico) e questo ci deve aprire a una disponibilità al confronto (anche oggi) e all’accoglienza.

Proseguono anche le collaborazioni con i musei stranieri?

Abbiamo due protocolli d’intesa quadriennali: il primo con l’Ermitage di San Pietroburgo per mostre dedicate a Pompei in Russia e mostre su Canova, gli Sciti, i vedutisti russi a Napoli e per attività di ricerca e valorizzazione congiunte. Il 7 dicembre, giorno della nascita dell’Ermitage, saremo museo ospite esponendo il «donario pergameno»; il secondo protocollo d’intesa è con il Getty Museum di Los Angeles, con il quale abbiamo in cantiere una grande mostra dedicata alla Villa dei Papiri nel 2019 e una serie di importanti restauri di materiali archeologici, dal noto cratere di Altamura al satiro ebbro della Villa dei Papiri. Il Mann è inoltre uno dei più importanti organizzatori di mostre all’estero, con una media di circa 30 mostre complete all’anno in tutto il mondo (Stati Uniti, Cina, Giappone, Europa) e innumerevoli prestiti, riscuotendo per i «fee» una cifra che è circa l’80% dell’introito per mostre del totale incassato dai nostri musei italiani. Tali mostre naturalmente creano nuove connessioni, protocolli, ricerche congiunte e promuovono il Mann, l’Italia e la Campania nel mondo.

Ritiene che qualità e diversificazione dell’offerta costituiscano le ragioni del costante incremento di visitatori?

Il Museo cresce costantemente con un’offerta variegata. Alla fine del 2015 (primi tre mesi di mandato) abbiamo chiuso con 380mila visitatori, nel 2016 con 455mila, nel 2017 supereremo ampiamente i 500mila. Noi crediamo che ad avere riacceso la passione per il Mann a partire dai suoi primi fruitori, i cittadini di Napoli, sia stata la nuova politica della Riforma, gli strumenti a disposizione ma soprattutto le nostre strategie di comunicare e fornire contenuti seri alla portata di tutti i pubblici.

Museo archeologico nazionale di Napoli

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini © Paolo Soriani

Olga Scotto di Vettimo, 07 dicembre 2017 | © Riproduzione riservata

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