Image
Image

Lo stilista artista figlio del Rinascimento

Nel 1980 Roberto Capucci decide di presentare le sue creazioni solo nei musei: l’abito diventa pittoscultura degna della Biennale di Venezia

Massimiliano Capella

Leggi i suoi articoli

Nel 1961 Roberto Capucci concede un’intervista a Oriana Fallaci in cui ribadisce che «la moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, dev’essere costruito come un palazzo poiché come un palazzo esso è la materializzazione di un’idea». L’idea di Capucci (Roma, 1930) di una costante ricerca di eleganza come espressione artistica è chiara fin dalla giovinezza. Questo lo ha condotto verso sperimentazioni di forme e volumi e un inedito utilizzo della tavolozza cromatica, tutti elementi che hanno contribuito ad associare al suo nome il titolo di architetto, scultore o pittore della moda.

Nella sua carriera l’America è centrale. In un momento di affermazione della nuova moda italiana Capucci è subito protagonista. Non è un caso che nel 1956 anche Marilyn Monroe scelga di vestire per la prima volta abiti creati da un designer non americano indossando proprio alcu ne creazioni di Capucci. Nel 1961 viene accolto in modo entusiastico per le sfilate parigine nel calendario della Chambre Syndacale de la Mode che lo portano ad aprire nel 1962 un suo atelier al n. 4 di rue Cambon a Parigi. In concomitanza col suo rientro da Parigi nel 1968 Capucci però cambia rotta, dopo l’incontro con l’attrice Silvana Mangano, che incarna nel suo immaginario l’esempio supremo di eleganza e di aristocratica ritrosia, emblematica del nuovo percorso creativo dello stilista.

Nel luglio 1970 Capucci decide infatti, per la prima volta, di sfilare all’interno di un museo, nel ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia, dove presenta una sfilata performance innovativa e spiazzante, con modelle che indossano stivali con tacco basso, senza trucco e con i capelli al naturale. Da questo momento l’arte e la natura si affiancano nelle creazioni di Capucci in una ricerca che lo porta oltre i dettami della moda con la comparsa di abiti caratterizzati da elementi decorativi rigidi e strutturali, materia ricca e povera che trova uno dei suoi vertici nell’«Abito da sera in paglia», creato nel 1980, anno in cui lo stilista interrompe i rapporti con le istituzioni della moda per presentarsi unicamente come creatore di abiti scultura all’interno di musei e spazi artistici di grande prestigio. Gli ordini architettonici sono alla base della solennità di creazioni, quali gli «abiti colonna» del 1978-79 e l’elegantissimo «Ricciolo barocco», ispirate all’ordine ionico. 

Nel 1995 nell’edizione del centenario della Biennale di Venezia, Capucci crea le 12 «Architetture in tessuto» ispirate ai minerali: per la prima volta uno stilista è considerato a tutti gli effetti un creatore di opere d’arte del suo tempo e la sua presenza nel Padiglione Italia solleva qualche polemica. Eppure, a ben vedere, è un ritorno alla poliedricità tipica dell’artista rinascimentale, capace di fondere e praticare insieme arti diverse. Del 2011 è l’abito scultura «Vittoria alata», omaggio al celeberrimo bronzo classico con echi ellenistici, probabilmente del I secolo d.C.

La moda, dunque, non solo è un medium attraverso il quale creare opere d’arte, ma anche un veicolo per la riscoperta  e la valorizzazione del passato. L’arte aiuta la moda e la moda aiuta l’arte, in un binomio che proprio con Capucci, autore della stampa augurale dedicata a chi si abbona a «Il Giornale dell’Arte» per il 2017, ha trovato il suo interprete più rappresentativo.

Massimiliano Capella, 12 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

Lo stilista artista figlio del Rinascimento | Massimiliano Capella

Lo stilista artista figlio del Rinascimento | Massimiliano Capella