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Al Lacma di Los Angeles la più ampia e completa antologica degli ultimi vent’anni copre quattro decadi di attività dell’artista statunitense
- Federico Florian
- 19 marzo 2022
- 00’minuti di lettura


Still dal video «Untitled (No Comment)», (2020) di Barbara Kruger. Cortesia di Sprüth Magers e di David Zwirner, New York. Immagine digitale cortesia dell’artista
Lo humour nero di Barbara Kruger
Al Lacma di Los Angeles la più ampia e completa antologica degli ultimi vent’anni copre quattro decadi di attività dell’artista statunitense
- Federico Florian
- 19 marzo 2022
- 00’minuti di lettura
Federico Florian
Leggi i suoi articoli«Compro quindi sono», «Il tuo corpo è un campo di battaglia», «Chi possiede cosa?». Sono questi alcuni fra i celebri motti che Barbara Kruger, classe 1945 e di stanza a L.A., ha impresso nelle nostre menti. Un’artista acuta e politica che, sin dagli anni Settanta, ha esposto le macchinazioni del capitalismo e del potere attraverso i suoi fulminanti collage di immagini e testi. La sua formula è semplice e vincente: iscrizioni lapidarie in caratteri «Futura» bianchi entro caselle di colore rosso, giustapposte a misteriose foto in bianco e nero tratte da riviste o altri supporti.
Organizzata insieme all’Art Institute di Chicago e al MoMA di New York, il Lacma dedica a questa figura chiave della storia dell’arte contemporanea la più ampia e completa antologica degli ultimi vent’anni. Un progetto espositivo che copre quattro decadi di carriera attraverso 33 lavori: dalle opere video a un solo canale degli anni Ottanta alle produzioni digitali degli ultimi due decenni, dalle videoinstallazioni multicanale agli ambienti sonori.
Tra i pezzi forti figurano «Untitled (That’s the Way We Do It)» (2011), una stanza tappezzata di oltre 500 immagini e aforismi, e una rivisitazione video dell’iconico «Untitled (I Shop Therefore I Am)», una litografia originariamente concepita nel 1987.
Uno dei lavori più recenti s’intitola «Untitled (Selfie)» (2021): si tratta di due testi in vinile installati su due muri opposti, e davanti a cui i visitatori sono invitati a scattare selfie. Le frasi sono due slogan dal caratteristico humour nero della Kruger, un affronto all’estetica artefatta e aspirazionale di Instagram: «Odio me stessa e tu mi ami per questo» versus «Amo me stessa e tu mi odi per questo».
«Questa mostra rivela come le immagini e le parole di Barbara Kruger risuonino in tutta la loro urgenza ancora oggi, in un mondo in rapida trasformazione», commenta Rebecca Morse, cocuratrice insieme a Michael Govan. «Barbara Kruger: Thinking of You. I Mean Me. I Mean You» è visitabile dal 20 marzo al 17 luglio.

Still dal video «Untitled (No Comment)», (2020) di Barbara Kruger. Cortesia di Sprüth Magers e di David Zwirner, New York. Immagine digitale cortesia dell’artista