Le tribolazioni di Erwin Blumenfeld

180 fotografie raccontano la carriera dell’artista dal 1930 al 1950

«Gioielli Boucheron per Vogue, Parigi» (1939), di Erwin Blumenfeld. © Parigi, collezione L. Teboul
Mario Alberto Ratis |  | Parigi

Fino al 5 marzo al Museo d’arte e storia dell’Ebraismo (mahJ), nel Marais, la mostra «Les Tribulations d’Erwin Blumenfeld, 1930-1950» racconta gli anni travagliati ma fortunati di un ebreo sfuggito al destino riservatogli dalla Germania nazista e reinventatosi uno dei fotografi più affermati della prima metà del Novecento. Curata da Paul Salmona, Nicolas Feuillie e Nadia Blumenfeld-Charbit (nipote dell’artista), l’esposizione ripercorre l’emergere del talento di Blumenfeld (Berlino, 1897-Roma, 1969) attraverso 180 fotografie, in parte inedite.

Dalla serie personale sul pellegrinaggio gitano a Saintes-Maries-de-la-Mer che restituisce un mondo di carovane, giostre e cartomanti, ai primi improvvisati ritratti di Amsterdam (dove l’artista si è rifugiato), realizzati ai clienti del suo negozio di pelletteria ormai in fallimento, passando per gli iconici fotomontaggi del ’33 in cui sovrappone un teschio al volto di Hitler, preludio dell’orrore che sarà.

Seguendo il girovagare coatto di Blumenfeld, nel ’36 ci ritroviamo in una mansarda di Parigi da cui prende avvio la carriera da professionista. Man Ray lo introduce alle nuove tecniche di solarizzazione, sovraesposizione, e ai giochi di luce ed ombra che trovano nel corpo femminile l’oggetto prediletto di ogni nuova sperimentazione.

Grazie a Cecil Beaton si avvicina poi all’industria della moda avviando una collaborazione con «Vogue France» per cui nel ’39 firma il celebre portfolio con la modella Lisa Fonssagrives in equilibrio fra le strutture metalliche della Tour Eiffel.

Costretto dall’Occupazione nazista alla fuga e alla prigionia nei campi, nell’agosto del ’41 ritrova libertà e successo in America, realizzando numerose copertine per «Harper’s Bazaar» e «Vogue» con cui porta avanti le sue ricerche sul colore e il movimento, spesso nutrite da riferimenti alla storia dell’arte.

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