«Labirinti di gioia» di Silvia Beccaria. Foto Mariano Dellago

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«Labirinti di gioia» di Silvia Beccaria. Foto Mariano Dellago

Le trame emotive di Silvia Beccaria da Riccardo Costantini

Attraverso i suoi brandelli, ricuciti e ripensati volta per volta, l’artista racconta anni di confinamenti, di attese e di ricordi in cui è scoppiata anche un’insensata guerra

La mostra di Silvia Beccaria alla Galleria Riccardo Costantini Contemporary è un continuo climax emozionale. Non si fa in tempo a capire che esperienza si sta vivendo che l’impatto estetico dell’opera d’arte e la sua forte componente semantica trasportano lo spettatore in un viaggio intimo e condiviso. «Ascoltare anche ciò che manca», percorso espositivo curato da Olga Gambari (visitabile sino al 29 luglio), mutua il suo titolo da un verso di Mariangela Gualtieri, una delle più apprezzate poetesse italiane, preannunciando la pratica dell’artista torinese. Quest’ultima spezza infatti la consueta relazione che si ha col mondo esterno attraverso la sua immagina di superficie, di primo piano, puntando ad una dimensione complessa e sfaccettata in cui la narrazione lineare e ufficiale si frammenta per far posto ad «altri echi».

I lavori esposti sono nati a partire dal primo inaspettato lockdown del 2020 per arrivare sino ai nostri giorni. Tre cicli realizzati con carte varie, atlanti, spartiti, quaderni d’infanzia e con il medesimo processo creativo dell’ordito e della trama per costruire racconti da condividere, sono frutto della storia personale vissuta negli ultimi tre anni dall’artista. La prima sala è caratterizzata dalla presenza di un’installazione sospesa, «Percorsi» (2020) che ben esprime la sensazione di smarrimento in cui si era stati catapultati a causa della pandemia. Cartine geografiche sono state tagliuzzate e ricucite nuovamente, pezzo dopo pezzo, per formare nuove morfologie in cui tonalità verdeggianti e della terra assumono la forma di una grata evanescente da cui si osservare il mondo. Nella stessa sala appare un’altra mappa strappata e riassemblata secondo i dettami dell’autrice. Qua piccole strisce fuoriescono dalla trama evocando un albero scortecciato e il legame con una terra comune a tutti.

La seconda sala accoglie il visitatore con le forti cromie degli stralci ricavati dai disegni infantili di Beccaria, quest’ultimi ricomposti in una nuova e gioiosa composizione, e dai brandelli ritagliati dai suoi quaderni d’infanzia. I ricordi felici diventano un rifugio a cui dare nuova vita in un momento in cui si inizia a intravedere la fine dell’emergenza pandemica. L’installazione «Tenerezza» (2021) e il quadro «Labirinti di gioia» (2021) innescano un dialogo fatto di rimandi e suggestioni in cui chiunque può ritrovare un frammento della propria storia. La terza area è quella in cui i lavori realizzati nel 2022 riflettono sull’incomunicabilità e la difficoltà di trovare un armonico dialogo tra le parti. La guerra tra Russia e Ucraina è uno shock per il mondo e per Beccaria, un dramma espresso in opere che fanno della dissonanza la loro caratteristica: spartiti strappati e ricomposti creano continue fratture sonore, spezzano armonie e negano la musica.

«Il suono del silenzio» (2022) sembra essere costruita su una base di canne d’organo ormai rotto mentre «Assenza» (2022) è un quadro dalla trama interrotta, dove due narrazioni non riescono ad incontrarsi e si sfilacciano sino a lasciare un campo vuoto tra di loro. Il nero e le fenditure, gretti come ferite profonde su superfici cupe, appaiono in altre opere dove «ognuno legge i suoi spettri, le sue paure».

«Labirinti di gioia» di Silvia Beccaria. Foto Mariano Dellago

«Percorsi» (2020) di Silvia Beccaria. Foto Mariano Dallago

Monica Trigona, 14 luglio 2023 | © Riproduzione riservata

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