Le seduzioni di Favelli a Cortina
L’artista fiorentino presenta da Farsettiarte opere, collage e assemblaggi, che rappresentano un viaggio nell’affascinante immaginario della realtà consumistica

Segni, immagini, prodotti e oggetti di uso passato, riconducibili a un possibile «lessico americano», inteso come linguaggio e immaginario della seduzione, compongono il progetto speciale che Flavio Favelli (Firenze, 1967) ha inaugurato nella sede ampezzana di Farsettiarte visitabile sino al 10 settembre.
«Lessico Americano», questo per l’appunto il titolo della mostra, realizzata in collaborazione con Studio Sales di Norberto Ruggeri di Roma, comprende lavori appositamente realizzati per l’occasione. Questi ultimi, composti da francobolli d’epoca, carte di cioccolatini, involucri vintage di chewing-gum e scatole di latta, evocano tempi e stereotipi di una società dei consumi che, oltreoceano, negli States, si era sviluppata a partire dagli anni Sessanta determinando l’assetto stesso del mercato. «L’artista interviene con minime manipolazioni su questi materiali, saldandoli, tagliandoli o incollandoli, e talvolta applica stesure di smalto per uniformare certi toni di colore suggeriti dalle superfici stesse», scrive nel testo critico Francesco Guzzetti.
Allo sviluppo dell’economia americana, sempre più proiettata ad assumere un ruolo predominante a livello mondiale, contribuì non solo la tecnologia e l’industria ma la lungimiranza di certi pubblicitari che seppero veicolare abilmente prodotti nuovi di cui tutti sentirono, come per incanto, la necessità. Se la propaganda commerciale più varia aveva diffuso nuovi standard sociali, i prodotti stessi, anche i più semplici e comuni, facevano a gara tra loro nel conquistare nuovi acquirenti grazie a packaging e loghi accattivanti che hanno fatto storia e sono giunti sino a noi.
Favelli, attento osservatore della società, «racconta» con le sue opere anche la sua storia personale intrisa dal fascino e dall’ossessione per certi oggetti le cui sembianze ricercavano preziosità e finezza con materiali dozzinali e luccichii illusori. Ripresi dall’artista fiorentino, quegli oggetti «conservano intatta l’impronta della propria vocazione domestica originale, acquisendo una ricercatezza nell’accostamento di colore o nella luminescenza delle superfici, che nulla ha a che vedere con pratiche di inserzione diretta della realtà nel campo dell’arte», spiega ancora Guzzetti.
