«Chromelodeon (4th Concretion)», 23 e 25 giugno 1963, New York, Judson Dance Theater, Judson Memorial Church. © Foto Al Giese / ARS, NY e DACS, Londra, 2022. Cortesia della Carolee Schneemann Foundation e di Galerie Lelong & Co., Hales Gallery e P.P.O.W, New York e © Carolee Schneemann Foundation / ARS, New York e DACS, Londra 2022

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«Chromelodeon (4th Concretion)», 23 e 25 giugno 1963, New York, Judson Dance Theater, Judson Memorial Church. © Foto Al Giese / ARS, NY e DACS, Londra, 2022. Cortesia della Carolee Schneemann Foundation e di Galerie Lelong & Co., Hales Gallery e P.P.O.W, New York e © Carolee Schneemann Foundation / ARS, New York e DACS, Londra 2022

Le provocazioni estreme di Carolee Schneemann

Al Barbican Centre prima grande antologica nel Regno Unito dell’artista performativa americana

«Sono una pittrice e morirò pittrice. In tutto quel che ho prodotto sinora ho esteso e applicato i principi visivi della pittura oltre la tela». Sono le parole di Carolee Schneemann (1939-2019), una delle performance artist più celebri e trasgressive dell’America del XX secolo. Tra i lavori più provocatori vi è un’azione del 1975 («Interior Scroll») in cui una Schneemann trentaseienne legge ad alta voce (nuda, dinnanzi a una platea) il testo impresso su un rotolino di carta che si sfila gradualmente dalla vagina.

Una pratica performativa dai gesti estremi, la cui origine tuttavia risale alla, e prende forma nella, gestualità pittorica delle sue tele, il primo medium con cui si relaziona. Dall’8 settembre all’8 gennaio il Barbican dedica a questa grande artista la prima grande antologica nel Regno Unito, che riunisce oltre 300 opere e oggetti, realizzati da Schneemann nell’arco di sei decenni.

Fra questi, i suoi primi dipinti gestuali, che aprono la mostra, ispirati a Cézanne e all’Espressionismo astratto; lavori che, pur segnando l’incipit della sua carriera, tradiscono già un desiderio di superamento nonché la necessità di un distacco: quello da una storia dell’arte, o meglio della pittura, machista e fallocentrica, dominata da un pantheon di maschi-eroi.

E così, a partire dagli anni Sessanta, Schneemann espande la propria immaginazione al di fuori dei limiti della cornice, per creare composizioni semiscultoree, in bilico tra pittura e installazione: il primo passo verso un coinvolgimento sempre maggiore del proprio corpo, che diverrà il suo medium prediletto.

È infatti nelle performance successive, opere quasi epiche, che l’artista, agguerrita femminista e critica tagliente del patriarcato, raggiunge l’apice della sua espressione artistica. Come in «Up to and Including Her Limits», 1976, in mostra qui al Barbican, in cui Schneemann, nuda e imbragata a una fune, impugna dei pastelli e produce dei segni sulle pareti di carta dell’ambiente, oscillando in uno stato di semitrance.

«Chromelodeon (4th Concretion)», 23 e 25 giugno 1963, New York, Judson Dance Theater, Judson Memorial Church. © Foto Al Giese / ARS, NY e DACS, Londra, 2022. Cortesia della Carolee Schneemann Foundation e di Galerie Lelong & Co., Hales Gallery e P.P.O.W, New York e © Carolee Schneemann Foundation / ARS, New York e DACS, Londra 2022

Federico Florian, 07 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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