Dopo aver lanciato, nello scorso ottobre, il progetto biennale multidisciplinare «Human Brains» dedicato alle neuroscienze, Fondazione Prada torna anche in Italia alle mostre (mai interrotte, invece, a Shanghai dove in Prada Rong Zhai, presenta, dall’11 marzo al 23 maggio, «China Cabinet» di Theaster Gates). Dal 2 marzo al 27 settembre, al piano terra del Podium, a Milano, si tiene «Who the Bær» di Simon Fujiwara, una mostra ordinata come un unico progetto site specific.
Protagonista è un orsetto non identificato: di lui non si conoscono né il nome, né la personalità, né il sesso (come di tutti i pupazzi, del resto), anche perché la sua immagine prende forma nel corso del racconto, partendo da un segno grafico elementare e sviluppandosi fino a diventare un personaggio da cartone animato, pronto ad affrontare le vicende, belle o brutte, reali o surreali, della vita. Disegni, collage, sculture (2020) e animazioni raccontano, in una sorta di «romanzo di formazione», la sua ricerca del sé in un mondo fantastico, in cui Who può diventare chiunque o qualunque cosa desideri.
Si muove infatti in un universo online, virtuale, ricco di possibilità, in bilico tra invenzione e ricerca dell’autenticità: il filo conduttore di tanta parte della ricerca dell’artista anglo-giapponese (nato a Londra nel 1982, poi cittadino del mondo, ora basato a Berlino), che nel suo lavoro esplora la nostra cultura per smontarne giudizi e pregiudizi. In mostra la sua vicenda si svolge in un grande labirinto, realizzato in cartone e materiali riciclabili, i cui contorni disegnano la sagoma di un orsetto.
A commento, un Quaderno di Fondazione Prada in forma di libro di fiabe, con una conversazione con l’artista (Instagram).
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