Le mille crepe di Francolino

La mostra dell’artista barese da Mazzoleni è una riflessione sull’universo e sulle sue infinite possibilità

Una veduta della mostra di Andrea Francolino «Venne all'esistenza lo Spazio beante» (2022), Torino, Galleria Mazzoleni © Mazzoleni. Foto Renato Ghiazza Una veduta della mostra di Andrea Francolino «Venne all'esistenza lo Spazio beante» (2022), Torino, Galleria Mazzoleni © Mazzoleni. Foto Renato Ghiazza
Francesca Interlenghi |  | Torino

La prima personale che la galleria Mazzoleni di Torino dedica all’artista Andrea Francolino (Bari, 1979), «Venne all'esistenza lo Spazio beante», sino al 22 ottobre 2022, è un continuo rincorrersi di antinomie, di apparenti contraddizioni che emergono dalle crepe della materia, rivelando la perpetua dialettica tra caos e cosmo, naturale e artificiale, micro e macro. Sono proprio queste dualità a caratterizzare l’inedito progetto espositivo, curato da Lorenzo Benedetti, che, insistendo sul tema della crepa e delle sue molteplici declinazioni, produce lavori polisemici e aperti all’interpretazione.

La mostra si apre al piano terra della galleria con la serie «Caso x caos x infinite variabili». Qual è la genesi di queste opere in vetro?
Tutto è iniziato dal ritrovamento casuale di un vetro rotto. La crepa sulla superficie mi ha permesso di guardare oltre la materia e mi ha indotto a riflettere sull’elemento del paradosso. Mi sono chiesto quale fosse il contrario di un vetro rotto accidentalmente, trovando nel vetro integro, in cui io con una punta diamantata ricostruisco la frattura, la risposta: un modo per controllare la casualità. Non è questo che fanno gli uomini? E così ragionando per opposti, quindi per paradossi, ho scoperto che dalla disarmonia iniziale nasceva un’armonia infinita. Non esiste al mondo crepa uguale all’altra ed è anche questa la meraviglia della natura, lo stupore dell’universo. Una volta rivelatosi il lavoro, rivelatasi questa armonia, mi son detto che ci voleva una teoria più che un titolo. Ho studiato e letto di fisica teorica e di cosmologia ed ho messo insieme «Caso x Caos x infinite variabili»: una rottura casuale che genera appunto infinite possibilità.

Parlando di titoli, mi puoi spiegare quello scelto per la mostra? Qual è lo Spazio aperto, spalancato, che definisci beante?
É la visione più lontana dalla visione figurativa ed errata che ha sempre connotato negativamente la crepa. É lo spazio di mezzo, un’apertura tra l’esistenziale e il poetico che lega insieme, come una sorta di fil rouge universale, i lavori che sono qui esposti e quelli che potranno venire in futuro. Non immaginavo che da un elemento così semplice potesse nascere tutta questa varietà, questa stratificazione di significati, quindi sono curioso di me stesso e aperto a quello che verrà.

In questa dialettica degli opposti in cui la polvere di terra cerca un dialogo con il cemento, il tempo breve della condizione umana, enfatizzato dal ticchettio di un orologio che scandisce il ritmo della mostra, si contrappone a quello lungo della condizione oggettuale e fragilità e impermanenza sono i caratteri precipui della tua indagine, dove si colloca la crepa?
Si colloca cronologicamente nel mezzo di un processo di inizio e fine. Cos’è la polvere? L’inizio e la fine di un processo e la crepa ha il potere di manifestare la sua oggettività proprio mettendosi in mezzo a una dicotomia che emerge spontanea. Credo che sia perché lavoro sulla crepa che inevitabilmente mi trovo a confrontarmi con forze contrapposte, a indagare i paradossi: quello della mostra, del luogo espositivo, dell’arte stessa. Ma anche con le situazioni che generalmente sono poco considerate, marginali come può essere una rottura, e che hanno invece un grandissimo potenziale. La patinatura mi stanca dopo un po’, ho bisogno di una verità. C’è forse cosa più vera di una crepa e della sua universalità?
Una veduta della mostra di Andrea Francolino «Venne all'esistenza lo Spazio beante» (2022), Torino, Galleria Mazzoleni © Mazzoleni. Foto Renato Ghiazza

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