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Al Maxxi i disturbanti «pixel collage» dell'artista svizzero accostano fotografie di stragi e di moda in un abbinamento paradossale e provocatorio
- Guglielmo Gigliotti
- 19 ottobre 2021
- 00’minuti di lettura


Thomas Hirschhorn, «Pixel-collage n. 83», 2017
Le immagini invisibili di Hirschhorn
Al Maxxi i disturbanti «pixel collage» dell'artista svizzero accostano fotografie di stragi e di moda in un abbinamento paradossale e provocatorio
- Guglielmo Gigliotti
- 19 ottobre 2021
- 00’minuti di lettura
Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliDal 20 ottobre al 6 marzo Thomas Hirschhorn è di scena al MaXXI con una mostra che, come spesso avvenuto nella pratica espositiva del 64enne artista svizzero, comprende singole opere articolate all’interno di una grande opera-installazione. «The purple line» (questo il titolo della mostra curata da Hou Hanru e Luigia Lonardelli) è, infatti, una parete lunga 250 metri e alta 6, rigorosamente viola, che sviluppa il suo movimentato percorso, tra angoli e improvvisi campi di direzione, nell’ambiente della Galleria 3 del museo romano.
Appese a questa parete monocroma campeggiano 118 monumentali immagini costituite dall’accostamento di fotografie di stragi (cadaveri, corpi mutilati, sangue, disperazione) e campagne pubblicitarie di moda, in un abbinamento paradossale e provocatorio: «Mi piace mettere insieme cose che non dovrebbero stare insieme», dichiara Hirschhorn. Le immagini patinate della pubblicità sono tuttavia pixelate, e si possono solo intuire sotto la coltre vaporosa di piccoli rettangoli. Il ciclo, realizzato tra il 2015 e il 2017, si intitola «Pixel-collage», e l’effetto è volutamente disturbante.
Spiega l’artista: «Oggi, nei giornali, nelle riviste e in televisione non capita spesso di vedere immagini di corpi umani distrutti, perché è molto raro che vengano mostrate. Queste immagini sono non visibili e invisibili; si presuppone che possano urtare la sensibilità dello spettatore, oppure soddisfare il suo voyeurismo, dunque il pretesto è di proteggerci da questa minaccia. Ma l’invisibilità non è innocente... Guardare immagini di corpi umani distrutti è un modo per schierarsi contro la guerra e contro la sua giustificazione e propaganda».
Il grado di invisibilità della violenza dell’uomo attuale è simbolicamente alluso proprio dalla scelta del colore viola della parete, indicando con questo dato cromatico la linea percettiva oltre la quale, nel mondo degli ultravioletti, l’uomo non vede nulla.

Thomas Hirschhorn, «Pixel-collage n. 83», 2017