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«Our Lush, Black Darkness (desire was ourbreastplate)» (2022-2023) di Julie Mehretu. © Julie Mehretu. Cortesia dell’artista, White Cube, Londra e Marian Goodman Gallery, New York. Fotografia di Tom Powel Imaging

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«Our Lush, Black Darkness (desire was ourbreastplate)» (2022-2023) di Julie Mehretu. © Julie Mehretu. Cortesia dell’artista, White Cube, Londra e Marian Goodman Gallery, New York. Fotografia di Tom Powel Imaging

Le dissonanze di Julie Mehretu

Alla sua quinta personale presso la londinese White Cube, l’artista etiope traduce su tela i conflitti contemporanei

C’è qualcosa di apertamente destabilizzante nelle tele intricate di Julie Mehretu (Addis Abeba, Etiopia, 1970). Tra le artiste oggi più note, la pittrice si rivolge alla rappresentazione astratta per evidenziare i numerosi cambiamenti sociopolitici e urbani che, nel corso degli anni, hanno rimodellato il tessuto culturale di un dato paese, il suo equilibrio interno e la sua eredità a livello internazionale. «Sono sempre più convinta del fatto che disegnare possa essere una forma di attivismo; che questo, se inteso come un processo intuitivo e rappresentativo di intenti e culture individuali, possa offrire un qualcosa di profondamente radicale», spiega Mehretu.

La sua visione risulta evidente in «They departed into their own country another way», quinta mostra personale dell’artista allestita presso la White Cube Bermondsey, dal 15 settembre fino al 5 novembre. Nei suoi lavori le pennellate si fanno fitte, a tratti violente, trasportando gli spettatori in un universo inquieto, come in un sogno, o meglio, un incubo. Con tre nuove serie di dipinti, due delle quali realizzate con inchiostro e pittura acrilica su tela, e una terza creata su poliestere semitrasparente, rielabora eventi di attualità che recano i segni delle tensioni al centro della storia contemporanea.

A informare questo nuovo corpus, anche la realtà del conflitto russo-ucraino e l’insurrezione del Campidoglio di Washington datata gennaio 2021: due avvenimenti che, pur non avendo legami tra loro né con Mehretu, le permettono di riflettere ancora una volta sulla sua infanzia in Etiopia e sul suo esilio forzato a seguito dello scoppio della guerra civile nel 1977. Restare o partire, prendere parte al presente del proprio paese o sperare in un futuro migliore, è infatti il dilemma dell’opera «They departed into their own country another way», ripreso in maniera simbolica anche nel titolo della stessa mostra.

A richiamare le atmosfere contrastanti di questa ricerca pittorica anche una gamma cromatica composta da tonalità che, a primo sguardo, sembrano cozzare tra loro nelle vedute urbane. Così, sfumature di rosso, blu, bianco e nero catturano l’occhio del pubblico in «Chromatic Light Paintings (revenant, Maroons)» (2022), una delle tele esposte per l’occasione, mentre un mare di sagome ipnotiche e oscure diviene il focus di «Our Lush, Black Darkness (desire was ourbreastplate)» (2022-23), forse il più evocativo dei dipinti in galleria.

«Our Lush, Black Darkness (desire was ourbreastplate)» (2022-2023) di Julie Mehretu. © Julie Mehretu. Cortesia dell’artista, White Cube, Londra e Marian Goodman Gallery, New York. Fotografia di Tom Powel Imaging

Gilda Bruno, 13 settembre 2023 | © Riproduzione riservata

Le dissonanze di Julie Mehretu | Gilda Bruno

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