La copertina del volume

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La copertina del volume

La vertigine degli archivi digitali

Federico Castelli Gattinara

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Roma. È stato presentato nella sede Mibact del Collegio Romano l’Atlante degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati, un bel volume che sfiora le 500 pagine edito da Marsilio. A introdurlo la padrona di casa Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del Ministero, insieme a Giampietro Brunello, presidente della Fondazione di Venezia grazie alla quale il libro è nato, Giuliano Sergio che ha curato la ricerca, ed esperti del livello di Laura Moro, direttrice Iccd, Stefano Vitali, direttore Icar, Antonio De Pasquale, direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e Luca De Biase, caporedattore di Nòva (Il Sole 24 Ore).

Tutto inizia a dicembre 2009 con un accordo di programma sul progetto M9, diventato protocollo d’intesa tra Mibact e Fondazione di Venezia a febbraio 2013 e convenzione a novembre 2014, per un importante piano di riqualificazione urbana e polo culturale a Mestre, i cui lavori termineranno a metà 2017 e che sarà inaugurato a metà 2018. Il volume nasce come ricerca funzionale per il progetto M9, che prevede la creazione di un Museo del Novecento in una città che, sempre all’ombra di Venezia, è stata invece un attore importante del secolo scorso, basti pensare a Porto Marghera che l’anno prossimo compirà cento anni.
L’Atlante, presto anche in digitale e aperto a integrazioni, affronta un mondo immenso e piuttosto disarticolato. Per la prima volta, senza avere la pretesa di essere esaustivo, scheda oltre quattrocento archivi pubblici e privati del patrimonio storico italiano, con milioni di fotografie e migliaia di ore di materiale sonoro e audiovisivo. Non è uno studio scientifico e sistematico di tutti gli archivi, farlo sarebbe stato impossibile, ma una prima geografia regione per regione, città per città: «Hic sunt leones» scrive il curatore, ben consapevole che oltre c’è una terra incognita, tutta ancora da esplorare. Il fatto è che oggi, dal nostro mondo digitalizzato, voltandoci indietro ci accorgiamo di una fetta smisurata del nostro patrimonio accumulata in circa 170 anni, una ricchezza formidabile che nasce in forma analogica e si trasforma in digitale. Perché l’Atlante ha questa precisa specifica, saranno le prossime generazioni a redigere un atlante degli archivi fotografici e audiovisivi “digitali”, che è ben diverso da “digitalizzati”. «Il patrimonio del Novecento preme su di noi con la sua materialità completa, spiega Moro usando un verbo molto suggestivo. È una vertigine, più ci si addentra, più se ne comprende l’enormità, da tutelare e da valorizzare».

La ricerca nasce nel 2011, solo in un secondo momento diventa autonoma fino a sfociare in quest’opera «titanica, documentatissima», come l’ha definita Pasqua Recchia. È uno strumento che mancava, utile oggi a studiosi, istituzioni, curatori di musei e mostre, registi, giornalisti e tanti altri soggetti, per finalità di ricerca, istituzionali, commerciali e altro, persino per lo storico del futuro che vorrà raccontare cosa succedeva intorno al 2014 (l’Atlante si ferma al patrimonio digitalizzato o in corso di digitalizzazione fino al dicembre di quell’anno). Per evitare il serio rischio che i dati diventassero obsoleti con la ricerca ancora in corso, si sono imposti limiti rigidi, registrando soltanto il patrimonio fotografico, visivo e sonoro. Sono stati contattati oltre settecento archivi, ma non tutti rispondevano ai criteri, e sono state redatte più di quattrocento schede relative sia ad archivi sia a portali web che utilizzano il patrimonio degli archivi. In ogni scheda viene specificato il soggetto, la cronologia, la natura giuridica, la consistenza del patrimonio complessivo e di quello digitalizzato, sono forniti i contatti e l’accesso ai materiali, la descrizione in voci distinte, persino il fornitore dei servizi digitali (può essere il soggetto stesso ma anche altri, pubblici o privati, che talvolta scelgono pure il materiale). Dei portali viene fornito ovviamente anche l’indirizzo web e altre specifiche.

L’Atlante, che affronta un settore fragile per l’immensa massa critica e per la tipologia di supporto, dimostra una volta di più la capacità di produzione e di far rete del Ministero, nelle sue varie articolazioni, con le altre strutture del territorio, pubbliche e private. Un lavoro sul patrimonio del Novecento italiano che dobbiamo fare noi, ribadisce Pasqua Recchia, senza essere colonizzati da altri. Per farlo però «dobbiamo stabilire le strategie narrative a partire dai contenuti, specifica Moro, separando ciò che è importante da ciò che non lo è, perché se non ci sono gerarchie tutto diventa grigio. Bisogna lavorare sul metodo». È la sfida del futuro, il prossimo step nel mondo digitale, se si considera che siamo passati dal 25% del 2000 all’attuale 98% di digitalizzazione dell’informazione, del sapere. Ci si orienta sempre più verso una richiesta di qualità, nell’immensa quantità di dati e informazioni fornite dal web 2.0. La ricerca confluita nell’Atlante diventerà una preziosissima banca dati in continuo aggiornamento, consultabile gratuitamente da settembre sul portale web del progetto M9.


Atlante degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati,   
440 pp., ill. a col. e  b/n,  Marsilio-Fondazione di Venezia, Venezia 2016, € 45,00

La copertina del volume

Federico Castelli Gattinara, 06 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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