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Veduta d’insieme dell’«Officina»

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Veduta d’insieme dell’«Officina»

La storia del Vittoriale degli Italiani

Valentina Raimondo ricostruisce cento anni della favolosa residenza inventata da D’Annunzio

Marco Riccòmini

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Sono passati cent’anni tondi da quando, con l’amaro in bocca per il pasticciaccio di Fiume, Gabriele D’Annunzio scelse come suo buen retiro Villa Cargnacco sul Lago di Garda. Così come l’aveva lasciata il suo precedente inquilino, lo storico dell’arte tedesco Henry Thode, non era neanche da pensarci, visto che l’unica bizzarria, per così dire, era data da un pannello a chinoiserie sulla porta di un cantonale.

Così il «comandante» incaricò l’architetto Giancarlo Maroni di rimodellarla a sua immagine e somiglianza, lasciandogli «carta bianca» a patto, beninteso, che la sua volontà non potesse essere «né discussa né contraddetta». A lui chiedeva solo «l’ossatura architettonica», riserbando per sé, da «tappezziere incomparabile», l’addobbo. «Desidero di inventare i luoghi dove vivo», gli scriveva.

Dopotutto, il poeta pescarese ammise che avrebbe potuto (anche) adattarsi a «sedere su seggiole di Vienna, mangiare in piatti comuni, camminare su un tappeto di fabbrica nazionale, prendere il tè in tazze da tre soldi, soffiarsi il naso con fazzoletti di Schostal o di Longoni», ma «fatalmente» preferì circondarsi di «divani, stoffe preziose, tappeti di Persia, piatti giapponesi, bronzi, avorii, ninnoli» come un vero «principe del Rinascimento», fra «cani e cavalli e belli arredi». E come dargli torto (anche se, forse, sui ninnoli si potrebbe soprassedere).

La Wunderkammer di una vita che il D’Annunzio alchimista, artigiano e poeta riempì voracemente, a cominciare dalla Zambracca, ossia il suo studiolo, zeppo dei calchi delle teste dei Cavalli di Helios del Partenone, della testa di Aurora di Michelangelo, di cristalli di rocca e oggetti in bachelite, con la testa d’aquila con occhi di diamante modellata da Renato Brozzi e il calamaio con tartarughine eseguito da Buccellati.

Presentato dal presidente Giordano Bruno Guerri e curato da Valentina Raimondo, il volume ricostruisce questo primo secolo di storia di uno dei luoghi più suggestivi del nostro Paese, passando anche per l’operato dei suoi 15 presidenti che si sono succeduti dal 1937 ad oggi. Foto solo in bianco e nero, come sarebbero piaciute al Principe di Montenevoso.

Cento anni di storia del Vittoriale degli Italiani. L’incantevole sogno,
di Valentina Raimondo, introduzione di Giordano Bruno Guerri, 224 pp., 137 ill., Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Mi) 2021, € 25

Veduta d’insieme dell’«Officina»

Marco Riccòmini, 19 settembre 2021 | © Riproduzione riservata

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