La prospettiva critica della collezione Ludwig

Al Martin Gropius Bau il trentennio cruciale 1960-90 letto da artisti americani e sovietici

«Ragazzi e ragazze» (1988) di Semen Fajbisovič. Foto Anne Gold. Cortesia del Ludwig Forum für Kunst Aquisgrana, prestito della Peter und Irene Ludwig Stiftung
Francesca Petretto |  | Berlino

Il Martin Gropius Bau offre fino al 9 gennaio un’ampia collettiva che raccoglie importanti opere della collezione di Irene e Peter Ludwig provenienti da sei musei internazionali. Intitolata «The Cool and the Cold. Pittura statunitense e sovietica degli anni 1960-1990. Collezione Ludwig», permette oggi, trent’anni dopo la caduta dell’Urss e la conseguente fine della Guerra Fredda, di mettere a confronto biografie e lavori degli artisti dei due schieramenti.

I tedeschi Ludwig, coppia nella vita e nel lavoro, col loro sodalizio hanno davvero cambiato il mondo e il modo delle collezioni d’arte degli ultimi settant’anni: la loro omonima di più di 14mila oggetti è distribuita oggi in tre continenti, ospite di 26 musei pubblici internazionali; dodici sono le istituzioni che portano il loro nome ricevendone generose donazioni.

La prospettiva dell’arte come principio umano unico di espressione che trascende i confini nazionali e opera in modo cosmopolita ha motivato i due fondatori e continua a determinare le attività della Fondazione Peter e Irene Ludwig fino ad oggi.

Le opere presentate in questa speciale raccolta berlinese offrono una prospettiva critica che giustappone ovviamente i due fronti dell’ex conflitto est-ovest, mostrando come gli artisti al tempo della guerra fredda hanno reagito alle questioni politiche ed estetiche della loro epoca e/o hanno negoziato le idee di libertà individuale e sociale.

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