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A trent'anni dalla sua scomparsa la mostra ripercorre la ricerca del fotografo emiliano
- Stefano Miliani
- 08 aprile 2022
- 00’minuti di lettura


«Emilia Romagna 1988» di Luigi Ghirri
La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi celebra Ghirri
A trent'anni dalla sua scomparsa la mostra ripercorre la ricerca del fotografo emiliano
- Stefano Miliani
- 08 aprile 2022
- 00’minuti di lettura
Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliL’opera di Luigi Ghirri ha rappresentato una «folgorazione» simile a quella per i dipinti di Giorgio Morandi. Lo confessa il gallerista Massimo Minini nel testo che accompagna la mostra a sua cura, promossa per il trentennale dalla morte del fotografo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi. Intitolata «Luigi Ghirri (non) luoghi» e ideata da Roberta Angalone, comprende 40 scatti da collezioni private ed è nel Palazzo Bisaccioni dal 9 aprile al 31 luglio.
La prima sezione ripercorre la vita dell’autore e il suo avvicinamento alla fotografia. Le altre sezioni documentano il lavoro di Ghirri sui «non luoghi», sui volti, l’arte e la vicinanza con l’architetto Aldo Rossi, interessato come lui alle periferie quando pochi le consideravano. Se l’accostamento al pittore della nuda essenzialità degli oggetti apparirà naturale per una certa melanconia nelle immagini, Minini ravvisa un legame più profondo quando scrive: «Morandi sicuramente aveva un piccolo pennello piatto, carico, e lo trascinava su e giù, qua e là, a stendere il suo grigio/nebbia con una punta di colore caldo.
Ecco, Ghirri sicuramente trascinava la sua camera qua e là, su e giù fino a trovare il taglio, l’inquadratura, l’esclusione e l’inclusione voluta, fino a far coincidere il suo pensiero con la realtà, a dimostrazione di un teorema poetico, di un assunto meditato, di una visione fattasi improvvisamente reale».
Il titolare della galleria bresciana registra peraltro anche un fatto che, a pensarci bene, riguarda più persone: «Da quando ho creduto di “capire” Ghirri e il suo mondo, ho cambiato il mio modo di fotografare. Ho forse capito che quelle sue immagini così semplici racchiudevano un pensiero forte, erano costruite e non casuali, erano cercate, volute, fondavano un pensiero e lo dimostravano». Una riprova di quanto l’artista sia andato oltre i confini della fotografia di professione.

«Emilia Romagna 1988» di Luigi Ghirri