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Anna Orlando
Leggi i suoi articoliGli astrologi promettono per quest’anno un cielo da effetti speciali: comete visibili a occhio nudo, una luna super rossa, un’eclissi di sole e stelle cadenti spettacolari. Se da lassù si potesse osservare il turbinio degli spostamenti delle opere d’arte, l’effetto non sarebbe poi così diverso. Il calcolo non è facile, ma si può ipotizzare quanti oggetti si spostano ogni giorno.
Il Rapporto annuale del «Giornale dell’Arte» sulle mostre del 2015 (allegato allo scorso numero) contiene un elenco di 2.656 eventi. Se immaginiamo una media di cento opere ciascuno e dividiamo per 365, abbiamo una stima di circa 700/800 opere in viaggio ogni giorno. Da uno Stato all’altro, da un museo a una sede espositiva. E il numero, ovvio, è ben inferiore a quello reale, perché non si contano le mostre nelle gallerie private, né gli eventi ben più impegnativi, come la Biennale di Venezia che coinvolge 53 Paesi.
Come è regolamentato questo vorticoso girotondo? Ci sono ditte specializzate e accorgimenti maggiori rispetto al passato. È vero. Ma solo in pochi si fermano a riflettere sull’opportunità di muovere i capolavori, zittiti subito di fronte alla tendenza di gemellare ormai in automatico cultura e turismo. Resta lettera morta il famoso elenco di opere inamovibili a cui aveva pensato l’allora ministro Rutelli nel 2006. E non è neppure soltanto una questione di elenchi. Perché il documento dovrebbe essere una legge che fornisca anche i criteri e alcuni punti fermi di riferimento per chiunque si trovi a operare oggi, abbagliato o annebbiato dagli effetti speciali del grande show delle mostre.
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