Koudelka creatore di icone

Nell’antologica di Photo Elysée anche la presentazione di una parte dell’enorme archivio dell’autore, che consta di 30mila provini a contatto in 35mm datati tra il 1960 e il 2012

«Invasione. Praga, 1968», di Josef Koudelka. © Josef Koudelka/Magnum Photos, cortesia Josef Koudelka Foundation
Bianca Cavuti |  | Losanna

Fino al 29 gennaio Photo Elysée ospita «Josef Koudelka. Ikonar. Archival Constellation», prima antologica in Svizzera, dal 1977, dedicata al celebre fotografo, membro dell’agenzia Magnum. «Ikonar», creatore di icone: questo il soprannome attribuito a Koudelka (Boskovice, 1938) da un gruppo di gitani incontrato durante uno dei suoi viaggi. Un appellativo dovuto all’utilizzo quasi religioso che veniva fatto da queste persone delle fotografie che l’autore aveva scattato alle comunità gitane.

Creatore di icone, ma anche «collezionista delle sue stesse immagini», come ha sempre amato definirsi il fotografo. Nello spazio tra queste due definizioni si dipana una carriera incredibile e variegata, ben raccontata da questa mostra, che getta nuova luce sulla produzione di Koudelka, che attualmente vive tra Parigi e Praga. Il percorso espositivo si articola intorno ad alcune parole chiave che rimandando alle sue serie più celebri: «Theatre», «Gypsies», «Invasion 68» ed «Exiles».

Un ruolo importante è rivestito dalla presentazione di una parte dell’enorme archivio dell’autore, che consta di 30mila provini a contatto in 35mm datati tra il 1960 e il 2012; un archivio che viene affiancato da una biblioteca per la consultazione con una vasta selezione dei libri dell’artista.

Si delinea un mondo, quello di Koudelka, tutt’altro che ordinario e attraversato da grandi paradossi, come si legge nel comunicato stampa: «Una vita nomade contro un’incessante attenzione verso il collezionismo e l’archiviazione; un costante vaglio e rielaborazione delle sue opere iconiche rispetto a un’agenda filosofica “massimalista” che tende alla perfezione; e, nella seconda metà della sua carriera, un’autoproclamata ossessione per il continuare a esporre e registrare immagini, a volte a scapito della loro analisi e realizzazione materiale come opere».

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