Kiefer serenissimo ma tragico

Nella Sala dello Scrutinio e in quella della Quarantia Civil Nova a Palazzo Ducale una grande mostra dell'artista tedesco

Un ritratto di Anselm Kiefer di fronte a una sua opera © Georges Poncet
Franco Fanelli |  | Venezia

«Nel caso dei quadri, gioco con la storia, e in Andrea Emo ho trovato conferma che la storia è una catena di azioni illogiche, astoriche, avvenimenti che non hanno nulla a che fare con causa ed effetto (...) C’è il quadro con i continenti, questa è l’era geologica, vedi la teoria della deriva dei continenti di Alfred Wegener. E poi c’è il quadro con le uniformi: l’era storica, la potenza della Serenissima sulla terraferma, e anche il quadro con i sommergibili: la potenza di Venezia sul mare (...) Il quadro con la bara, contenente il corpo di san Marco, si riferisce all’era umana. (...) Vedrai, il nuovo spazio da me creato è una sovrapposizione di tutte le possibili idee, filosofie provenienti dal Nord, dal Sud, dall’Oriente e dall’Occidente. Ci sono però anche riferimenti diretti, ingenuamente ironici, ad esempio il quadro con i carrelli della spesa, ciascuno con una targhetta di zinco che lo assegna a un doge».

Così Anselm Kiefer descrive a Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, alcune opere concepite per la sua mostra allestita a Palazzo Ducale sino al 29 ottobre. Non solo Andrea Emo (1901-83) il filosofo di origine veneziana secondo il quale l’essere è «la presenza perfettamente reale del nulla», ma anche echi wagneriani, la Cabala ebraica, la poesia di Ingeborg Bachmann e di Paul Celan e il Faust di Goethe hanno ispirato l’artista tedesco nella creazione delle tele che compongono questa mostra concepita per le celebrazioni legate ai 1.600 anni della fondazione di Venezia.

Kiefer guarda alla città lagunare come crocevia di civiltà, la identifica nella Elena goethiana, simbolo della classicità (ma anche della bellezza violata) che Faust introduce alla poesia nordica, ma soprattutto ne sottolinea il destino legato alla gloria e alla perenne precarietà, situazione in cui l’unico aspetto cronologico che conta è il presente.

Il dialogo è con i dipinti di fine Cinquecento che celebrano le glorie militari veneziane nella Sala dello Scrutinio, sede della mostra (insieme alla Sala della Quarantia Civil Nova) il luogo dove venivano effettuati i conteggi per le elezioni politiche, incluse quelle dei dogi, ai tempi della Repubblica Serenissima. «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce» è il titolo, tratto da uno scritto di Andrea Emo, scelto da Kiefer (1945) per questa personale pensata come un’installazione globale e che lo mette suggestivamente a confronto con un altro grande protagonista dell’arte contemporanea tedesca, ma di generazione precedente, Joseph Beuys, ospite di Palazzo Cini.

In catalogo (Marsilio) i testi dei curatori Gabriella Belli e Janne Sirén e di Salvatore Settis, Massimo Donà, Jean de Loisy, Elisabetta Barisoni e una conversazione tra Hans Ulrich Obrist e Kiefer.

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