«Eva» (2022) di Vladimir Kartashov. Foto Giovanni Ricci, Novara

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«Eva» (2022) di Vladimir Kartashov. Foto Giovanni Ricci, Novara

Kartashov tra mitologia classica e cultura underground tecnologica

Nella Chiesa di Sant’Agostino i grandi formati dell’artista russo sono talvolta affiancati dai disegni preparatori

La Chiesa di Sant’Agostino ospita dal 5 maggio al 4 giugno la mostra «Hesoyam» di Vladimir Kartashov (1997) organizzata da The Project Space e T9 Residency: il titolo cela un’ambiguità lessicale che è la chiave stessa dell’universo visuale messo in scena dall’artista russo, nel quale sono poste in dialogo iconografie solo apparentemente distanti, quella della cultura underground tecnologica (logoi, brand e segni) e quella della mitologia classica. «Hesoyam» nell’«Urban dictionary» è infatti uno strumento/comando/invocazione taumaturgica in grado di riportare istantaneamente una situazione nella sua condizione iniziale, ma è anche un imbroglio, un inganno che ha la stessa funzione, cioè di ricondurre gioco e giocatore alla condizione iniziale nel famoso videogame.

«La situazione da restaurare, nota Alessandro Romanini, curatore della mostra e autore del saggio in catalogo, è quella alterata da una guerra ingiustificata agli occhi di una gioventù [...] che stava vivendo il culmine di quella stagione della vita che risulterà irripetibile» (uno dei fratelli di Kartashov è al fronte come volontario in Ucraina e una sorella si trova a Mariupol). Romanini osserva la precisione da architetto con cui Kartashov progetta il dialogo visivo fra elementi della cronaca, simboli universali (della guerra e di un ipotetico paradiso) e una dimensione autobiografica in cui internet e web hanno svolto un ruolo fondamentale (si è pagato l’affitto a Novosibirsk per frequentare la scuola d’arte grazie ai soldi vinti giocando online su World of Warcraft).

Infatti il caos (inteso come entità primigenia) apparente delle sue tele di grandi dimensioni è dominato da una stesura pittorica sapiente con un ritmo sintattico testimoniato anche dai disegni preparatori; l’artista non procede per stratificazione di principi ma, tramite montaggi, assemblaggi ed editing (che coinvolgono il display della mostra), costruisce una dialettica più profonda. Così, ad esempio, la fonte della giovinezza al centro di uno dei dipinti, icona millenaria della cultura occidentale, è circondata da elementi aggressivi e simboli di quella sottocultura tecnologica giovanile.

«Eva» (2022) di Vladimir Kartashov. Foto Giovanni Ricci, Novara

Laura Lombardi, 04 maggio 2023 | © Riproduzione riservata

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Kartashov tra mitologia classica e cultura underground tecnologica | Laura Lombardi

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