«Andavo ovunque mi portasse la mente. Sono stato dappertutto in questo mondo, per quattro volte». Con queste parole, Joseph E. Yoakum (1890-1972), l’artista outsider afroamericano noto per i suoi paesaggi poetici e naïf, descrisse la sua inclinazione al viaggio: una passione che rasenta il confine tra reale e immaginario.
A plasmare il suo animo da avventuriero furono i circhi itineranti: a nove anni, abbandonò casa e famiglia nel Missouri per lavorare all’Hagenbeck-Wallace Circus. Vent’anni dopo, quando la guerra devastava l’Europa, verrà arruolato in un’unità non combattente di soli afroamericani, in compagnia dei quali solcherà le terre del Vecchio Continente. Ma il momento della rielaborazione artistica avverrà diversi decenni dopo, a Chicago: fu all’età di 71 anni che Yoakum cominciò a realizzare i suoi originali paesaggi, composizioni capaci di fondere in un equilibrio delicato realtà e fantasia.
Fino al 19 marzo il MoMA offre un importante tributo a questa figura marginale della storia dell’arte, recentemente riscoperta e celebrata. Cento sono i disegni in mostra, prevalentemente prestiti da collezioni private di artisti di Chicago che conoscevano e ammiravano il lavoro di Yoakum.
Oltre ai paesaggi di rocce dalle forme sinuose e serpeggianti, quasi sempre privi di figure umane, la mostra presenta anche lavori meno noti, i cui soggetti spaziano da avvistamenti Ufo a ritratti di figure illustri della storia e della cultura afroamericana. Esposti anche gli album realizzati dall’artista negli ultimi anni di vita, quando era confinato in una casa di riposo: opere che rivelano una nuova e inaspettata tendenza all’astrazione. Dopo la tappa newyorkese, la mostra viaggerà alla Menil Collection di Houston (ad aprile) e all’Art Institute di Chicago (a giugno).
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