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Tina Lepri
Leggi i suoi articoliUdine. Il prossimo marzo all’Università di Udine aprirà i battenti una mostra con pannelli fotografici, video e documenti che racconteranno la storia delle tre campagne di scavo dell’importante missione archeologica italo-libanese degli ultimi quattro anni. La più recente, durata un mese e conclusasi da poco, ha portato alla scoperta in Libano della più grande e sconosciuta area funeraria, ricca di tombe scavate nella roccia (ipogei).
Il ritrovamento, condotto dall’Ateneo di Udine che ha finanziato l’intero progetto insieme col Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci), è avvenuto nel Libano settentrionale nell’area di Nakhle. Con gli archeologi di Udine, diretti da Marco Iamoni del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Ateneo friulano, collaborano l’Università Libanese-Third Branch Tripoli e la Direzione Generale delle Antichità del Libano. Condirettrice l’archeologa May Haider dell’Università libanese (Flhs).
L’équipe, oltre alla scoperta delle tombe a camera (la maggior parte ancora da esaminare) ha ricostruito l’antichissima origine di Amioun, capoluogo dell’area di Koura, dove è stato aperto uno scavo per identificare i livelli di occupazione risalenti all’Età del Bronzo e conservati sotto gli edifici moderni. «I dati che abbiamo oggi dimostrano che il luogo risale almeno al IV-III millennio a.C. Si tratta di un grande insediamento urbano che potrebbe correlarsi con l’identificazione dell’antica Ammia, città nota nei testi egizi e mesopotamici del II millennio a.C.», afferma Iamoni.
La spedizione, composta di undici componenti, ha identificato oltre 90 siti, tra insediamenti, monumenti e necropoli, databili tra il VI millennio a.C. e il XV secolo d.C. La maggior parte finora sconosciuti. Sono stati recuperati più di 2mila reperti ancora da classificare. Le ricerche si sono svolte nell’ambito del Progetto Archeologico Libano Settentrionale con lo scopo d’indagare un’ampia zona dell’area di Koura, dalla catena montuosa alla costa, che supera i 100 kmq. Uno dei risultati positivi della missione è la presenza di un patrimonio culturale e archeologico che cresce con l’avanzare delle ricerche.
«La nostra missione ha soltanto “raschiato” la superficie di un paesaggio antico ancora da scoprire: l’aspetto più eccitante e interessante che sperimentiamo durante i lavori è la scoperta di un patrimonio archeologico ignoto e totalmente dimenticato», spiega Iamoni che, insieme ai colleghi, progetta una corposa monografia che illustrerà i dettagli di un’avventura iniziata quattro anni fa e destinata a «riscrivere la storia archeologica del Libano».
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