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Una veduta di «Dirty Geometry» di Esther Stocker

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Una veduta di «Dirty Geometry» di Esther Stocker

Interazione uomo-spazio

Artisti internazionali tra performance e «Extended Architectures» alla Galleria Alberta Pane

Veronica Rodenigo

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Dopo «La Ginestra», collettiva dal titolo di ispirazione leopardiana che ha coinvolto cinque artisti internazionali (Ismaïl Bahri, Tunisia, 1978; Charbel-Joseph H. Boutros, Libano, 1981; Paul Hage Boutros, Libano, 1982; Christian Fogarolli, Italia, 1983 e Marco Godinho, Portogallo, 1978), la sede veneziana della Galleria Alberta Pane propone dal 26 maggio una nuova esposizione collettiva dal titolo «Extended Architectures», accompagnata da un testo critico di Mathilde Ayoub. Protagoniste, tre donne: Luciana Lamothe (Argentina, 1975), Marie Lelouche (Francia, 1984) ed Esther Stocker (Italia, 1974), chiamate a confrontarsi, attraverso installazioni site specific, con il tema prescelto dalle curatrici della 16. Biennale d’Architettura: «Freespace».

Una riflessione sulla «costante comunione tra l’uomo e lo spazio» e sulla percezione dei nostri ambienti che si concretizza mediante sculture create dalla scansione di volumi e griglie visive dipinte su tela. Nell’estetica di Luciana Lamothe, fondante è la vitale comunione corpo-architettura, messa in atto nelle sue installazioni attraverso un uso ambivalente di materiali. Partendo da materiali solidi e strutturali che forza a cedere rendendoli morbidi e flessibili, l’artista crea sculture partecipative che fondono forma e funzione.

Nell’attivazione dell’opera il ruolo dello spettatore è decisivo: tra spazio, elementi che lo compongono e corpo l’interazione è costante. Marie Lelouche espone «Blind Sculpture», opera ibrida basata su scansioni tridimensionali e scultura post-digitale. Attraverso un dispositivo mobile audio-visivo che permette la percezione di forme geometriche digitali nascoste, ogni spettatore si trova a sovrapporre la propria esperienza in uno stesso spazio. Metafora di uno spazio sociale, l’opera così è data dalla coabitazione di forme e soggettività. Esther Stocker, infine, indaga quella matematica esistenziale che qualifica i nostri ambienti collettivi e personali attraverso tele, sculture e installazioni: nel suo lavoro l’individuo è elemento geometrico e matematico sostanziale.

L’artista indaga la visione e la percezione dello spazio attraverso la rottura dell’apparente rigida ripetizione modulare, originando quindi un secondo ritmo visivo che distrugge l’ordine della dimensione piana. Durante la stagione autunnale ad abitare la sede in Calle dei Guardiani giungerà nuovamente la performer napoletana Romina De Novellis, che abitualmente lavora con la galleria.

Una veduta di «Dirty Geometry» di Esther Stocker

Veronica Rodenigo, 25 maggio 2018 | © Riproduzione riservata

Interazione uomo-spazio | Veronica Rodenigo

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