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Insegniamo ai giovani lo «slow looking» e ad allestire i musei

Stefano Luppi

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Martina Bagnoli è rientrata dagli Usa. Per trasformare il suo unico grande complesso in un «laboratorio di idee», riallestimenti e, forse, trasferimenti

«La prossima tappa relativa alle “Gallerie Estensi” riguarda la Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti di Ferrara», spiega Martina Bagnoli, dal 15 dicembre scorso direttrice del complesso museale che comprende anche la Galleria Estense di Modena, il Palazzo Ducale di Sassuolo (Mo) e, per i fondi antichi, la Biblioteca Estense di Modena.

«Sto pensando che il museo ferrarese, che perse moltissimo della raccolta estense a partire dalla Devoluzione di Ferrara del 1598, vada riallestito: ci vorranno alcuni anni per renderlo un museo moderno». Martina Bagnoli inoltre partecipa, con l’Amministrazione comunale, a un «tavolo» per definire l’eventuale trasferimento della Pinacoteca nel Castello Estense, il monumento più visitato di Ferrara con circa 150mila presenze l’anno. I numeri a Palazzo dei Diamanti, così come quelli di Modena e a Sassuolo, sono infatti notevolmente inferiori.

Nel 2015, dopo la riapertura del 29 maggio, sono state 24mila le visite dell’Estense di Modena (più le oltre 7mila presenze gratuite nei tre giorni di riapertura a seguito dei danno subiti dal sisma del 2012). In linea, con oltre 28mila presenze (per quasi tre quarti gratuiti, però), sono i dati relativi al Palazzo Ducale di Sassuolo, mentre la Pinacoteca ferrarese lo scorso anno è stata visitata da 30.300 persone.

Tra i musei autonomi nati a seguito della «riforma» del ministro Dario Franceschini (ferrarese di nascita e residenza), la Bagnoli dirige l’unico istituto su più sedi in tre differenti città. Nata a Bolzano 51 anni fa, storica dell’arte (laurea a Cambridge e Ph.D. con lode nel 1999 alla Johns Hopkins University di Baltimora), proviene dal Walters Art Museum di Baltimora (Usa), dove lavorava dal 2003 ricoprendo in ultimo il ruolo di curatore capo del settore Arte e manoscritti medievali. 

Quale situazione ha trovato in Italia, da cui mancava professionalmente da molti anni?

Italia e Usa sono mondi completamente differenti, visto che fino a oggi gli attuali musei autonomi sono stati gestiti come uffici di Soprintendenze, mentre in America il museo è davvero solo, autonomo per tutto. Qui inoltre, penso in particolare agli allestimenti che mediamente sono organizzati cronologicamente o per scuole artistiche, il museo è ancora pensato per chi ha già conoscenze in materia. Del resto sono luoghi nati nel XIX secolo, ma la società oggi è un’altra. Occorre cambiare. 

A che cosa pensa in particolare per Modena e Ferrara? 

Oltre al riallestimento della Pinacoteca di Ferrara occorre ragionare su un suo eventuale trasferimento al Castello Estense anche se per notorietà anche Palazzo dei Diamanti non è male con le mostre di Ferrara Arte al piano terra. Meglio va a Modena, dove l’allestimento è recentissimo, ma dappertutto occorre pensare che oggi i musei devono divenire di più laboratori di idee. Lo faremo attraverso visite guidate continue e l’abbraccio delle città, fondamentale. 

Siete autonomi grazie alla riforma: pregi e difetti?

È una riforma agli inizi, in itinere, per cui è complicato rispondere: posso dire che la novità è utile per ripensare i musei statali, soprattutto di arte antica, inoltre obbligano a un importante rapporto con le comunità e gli enti locali. Infine la riforma ci rende sì autonomi, ma non viene meno la copertura del Mibact, che è rassicurante. 

Capitolo bilancio e finanziamenti. 

Sul bilancio non posso essere precisa, lo stiamo definendo con i nostri tecnici, mentre siamo molto felici dei primi finanziamenti in conto capitale appena giunti oltre alla normale dotazione per la gestione dell’ente. Per Ferrara il Ministero ci ha messo a disposizione 970mila euro, mentre per la sede di Modena ne arrivano 240mila necessari per restauri e manutenzione. Ovviamente noi dovremo occuparci di fundraising e reperire altri fondi. 

Quali considerazioni ha fatto sui visitatori dei musei, oggetto di una recente analisi molto approfondita?

Abbiamo un pubblico composto per la maggior parte da anziani e invece dovremo raccogliere nuovo pubblico giovane, attraverso un miglioramento del sito internet che oggi è troppo statico e non ben collegato ai social. Inoltre i giovani immagazzinano molte immagini ogni giorno su internet e dobbiamo insegnare loro lo «slow looking», ossia riscoprire il mondo e l’arte in maniera lenta. 

E poi c’è il nodo del personale.

Qualche unità manca: anche se oggi in totale siamo oltre 100, il problema è che non ci sono alcune professionalità fondamentali. Penso a un restauratore interno al museo, a un informatico, a esperti di promozione. E avremmo bisogno pure di qualche custode in più perché abbiamo molti luoghi da presidiare. 

Quale situazione ha trovato nei musei? Lei non conosce questi territori emiliani.

Ho trovato davvero un’isola felice, a Modena inoltre oggi c’è un museo ben curato e tante opere d’arte, in parte conosciute, penso a Bernini e Velázquez a Modena, ma anche tante parti delle raccolte che non possiamo esporre per mancanza di spazio. Penso ad esempio alle importanti collezioni dell’800: per questo dovremmo presto pensare a rendere noti personaggi come il pittore modenese e direttore dell’Estense Adeodato Malatesta e le tante acquisizioni che si sono succedute dal XIX secolo in poi. Certo, non essendo in Soprintendenza non devo per forza conoscere il territorio nei suoi minimi particolari. 

Le Gallerie Estensi oggi sono dotate di un Cda, presieduto dal direttore e composto da Mario Scalini, Fabio Donato, Meris Bellei, Antonio Riccardi, e di un Comitato scientifico composto, oltre che dalla Bagnoli, da Francesca Cappelletti, Sonia Cavicchioli, Francesca Piccinini e Giovanni Sassu.

Stefano Luppi, 23 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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