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Innamorate di Camille Claudel

La scultrice Camille Claudel torna a far parlare di sé. Chiara Pasetti pubblica il suo volume pochi mesi dopo la prima biografia italiana Camille Claudel di Anna Maria Panzera

Carlotta Venegoni

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La stessa Pasetti ha recensito per «Il Giornale dell’Arte» il lavoro della Panzera, delineando un binomio di reciproca stima e collaborazione in nome di questa artista francese tanto amata. Un anno, quindi, fortunato per la critica sulla scultrice troppo spesso etichettata quale allieva, modella e amante di Auguste Rodin e sorella del poeta Paul Claudel. Ma Camille è molto di più. 

Chiara Pasetti scopre la sua passione per l’artista nel 2013, quando visita la mostra «Camille Claudel. De la grâce à l’exil. La femme, la folie, la création» realizzata all’interno dell’ospedale psichiatrico di Montfavet (Avignone) che ospitò, o rinchiuse, la scultrice per trent’anni. Da allora, la Pasetti conduce tre anni di lavoro e ricerche prendendo in esame un vasto numero di documenti eterogenei che riguardano l’artista, tra cui biografie, lettere, saggi, studi, film, spettacoli teatrali e di danza, mostre, schizzi e disegni, documentari, cataloghi e siti internet a lei dedicati. Tuttavia, per «tracciare il suo ritratto e il suo percorso umano e artistico», l’autrice ha ritenuto fondamentale congiungere al vasto corpus dei documenti le informazioni desunte da chi aveva già scorto in Camille segni di grande talento.

La prima parte del volume, biografica, delinea la figura di Camille attraverso capitoli tematici che ne tratteggiano la fortuna critica e i tre diversi momenti della vita dell’artista: la sua formazione, la collaborazione con Rodin, fino ai lunghi anni di malattia e di internato presso l’ospedale psichiatrico di Ville-Évrard. Seguono, tradotti dall’autrice per la prima volta in italiano, scritti di critici di fama che celebrano Camille: Paul Leroi, Octave Mirbeau, Léon Daudet, suo fratello Paul Claudel e Mathias Morhardt. Quest’ultimo le dedica il primo importante «omaggio alla sua opera» non legato a un singolo evento artistico; tale documento si rivela oggi imprescindibile per la comprensione dell’artista. L’autrice, profonda studiosa di Gustave Flaubert, vede in Camille Claudel l’identico porsi nei confronti dell’arte e da questo parallelismo rimane affascinata, tanto da lasciarne traccia in alcuni brevi capitoli del libro raccolti con il titolo La Bêtise. Il libro si chiude con il testo drammaturgico Moi, sempre opera di Pasetti, dedicato e ispirato a Camille e in scena nella stagione teatrale 2016-17. Unico appunto di un libro peraltro di valore, l’apparato fotografico che non aiuta a comprendere la grandezza e la potenza della scultrice.

Tutte queste molteplici testimonianze evidenziano una Camille di conturbante bellezza e sensualità, con un carattere intriso di gaiezza, sarcasmo e ironia. Traspare il coraggio di una donna che dedicò tutta se stessa a un’arte, la scultura, considerata tipicamente maschile. Se è innegabile l’influenza di Rodin all’interno dell’opera di Camille, emerge con chiarezza quanto ciò sia reversibile: tra i due scoppia un «coup de foudre» artistico e sentimentale dove la presenza della giovane artista determina nell’opera del celebre scultore gli effetti della seduzione allontanandolo «dalla statuaria austera». Tuttavia Camille non era, e non voleva essere, un riflesso di lui. L’espressione e lo stile della scultrice che segue il periodo di collaborazione creativa e di complicità artistica con Rodin, è del tutto originale, «ricco di infinite sfaccettature», indipendente. La potenza infatti delle sculture di Camille si manifesta nella capacità di generare profonde emozioni in chi vi si accosta, dove l’intento è trasferire nella forma l’idea, «andando oltre i limiti della materia». Manifestazione delle sue energie, sogni e capacità è l’opera «Sakountala», gruppo in gesso a grandezza naturale, per la quale ottiene una menzione d’onore al Salon des artistes français nel 1888.

Il cammino dell’artista appare condizionato da un senso di incompiutezza, dalla «presenza di un’assenza» lungo tutto il suo percorso artistico e porta Camille a immedesimarsi nei suoi soggetti ai quali lascia l’arduo compito di trasmettere se stessa e i suoi sentimenti. Emozioni forti che si impossessano della sua mente tramutandosi in ossessioni e paure. La fine della relazione con Rodin, il difficile rapporto con la madre e l’internamento nel 1913 a quarantotto anni nella clinica psichiatrica, hanno contribuito a far sì che si creasse attorno a lei il mito del genio maledetto e sfortunato, stereotipo dal quale Chiara Pasetti si impegna a liberarla. Dopo anni di oblio, questo volume è riuscito a confermare ciò che affermò allora Paul Claudel: «L’opera di mia sorella, ciò che le conferisce il suo interesse unico, è che tutta intera essa è la storia della sua vita».

Mademoiselle Camille Claudel e moi
di Chiara Pasetti
246 pp., ill. col.
Aragno, Torino 2016
€ 20,00

Carlotta Venegoni, 11 dicembre 2016 | © Riproduzione riservata

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