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In volo su grucce e jazz

Federico Castelli Gattinara

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La nuova edizione del premio Deutsche Bank «Artist of the Year» 2017 presenta alla Galleria Gian Ferrari del MaXXI la prima personale in Italia di Kemang Wa Lehulere (1984), interessante figura della nuova scena sudafricana ed erede di una prestigiosa tradizione, a partire dall’artista d’avanguardia Ernest Mancoba, tra i fondatori e animatori di CoBrA, ai viventi William Kentridge e Marlene Dumas.

Fino al 26 novembre è allestita la sua mostra  «Bird Song», a cura della capo curatrice del dipartimento arte cultura e sport di Deutsche Bank Britta Färber e del commissario interno del MaXXI Arte Anne Palopoli. Una ventina le opere esposte, già allestite nello scorso marzo a Berlino, nella Kunsthalle della banca finanziatrice del premio.

Il progetto si sviluppa come un dialogo tra le sue opere e quelle della connazionale Gladys Mgudlandlu (1917-79), artista autodidatta e prima donna di colore nel Sudafrica dell’apartheid ad avere, nel 1962, una personale in una galleria d’arte, la Rodin Gallery di Città del Capo. Wa Lehulere è cresciuto nello stesso quartiere della Mgudlandlu e con la zia, che conosceva la casa della pittrice e conservava il ricordo dei suoi murales, inizia una ricerca e riporta alla luce alcuni di quei suoi «sogni dipinti», soprattutto paesaggi e uccelli (da cui il soprannome di Bird Lady), che hanno ispirato l’attuale lavoro.

Non si tratta di un tributo alla pittrice dimenticata ma di un confronto dialettico, su società e cultura nella storia travagliata e dolorosa di un Paese, anche alla luce della memoria personale di due artisti di generazioni molto diverse. Dalle recenti installazioni «My Apologies to Time», composta da vecchi banchi scolastici diventati casette per uccelli, a «Broken Wing», a «Lefu la ntate», un pentagramma fatto con capelli neri, omaggio alla musica, all’identità nera e alla lotta per la libertà e l’uguaglianza, la sua opera si intreccia con la musica jazz, da cui il titolo della mostra ripreso da una pezzo jazz scritto per Miriam Makeba.

Stampelle e calchi dei denti dell’autore sono tra i materiali utilizzati. «Faccio arte per me, per la mia famiglia, per i miei amici, per la mia comunità, per chiunque sia interessato all’arte e per le persone che non ne sono ancora interessate, per i bambini che non ho e i nipoti che non ho, dichiara l’artista. Faccio arte per persone che sono curiose del mondo, faccio arte per le persone».

Federico Castelli Gattinara, 07 ottobre 2017 | © Riproduzione riservata

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