Da sinistra la curatrice di Bid21 Gabriela von Habsburg e l'artista australiana Virginia Ryan con «I love you»

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Da sinistra la curatrice di Bid21 Gabriela von Habsburg e l'artista australiana Virginia Ryan con «I love you»

Il tempismo della Biennale Internazionale della Donna

La terza edizione di un evento che in futuro potrebbe far parlare di sé

Attualmente in Europa sono aperte solamente due biennali: la Biennale di Architettura di Venezia e la meno nota Biennale Internazionale della Donna, Bid21, a Trieste, la città «al limite orientale della latinità e all’estremità meridionale della Germania», come l'ha definita un sindaco del passato.

Il tempismo è perfetto. Come ci ha ricordato alla conferenza stampa una delle organizzatrici, la Biennale è stata fondata nel 2017 da quattro donne che volevano affrontare il fatto che l'Italia era al 63mo posto nel World Economic Forum Gender Gap Report [Usa, 30mo; Gran Bretagna, 23mo], e da quel momento il movimento femminista è rinato con un sentimento di grande rivalsa. Ma Bid21 non è solo per artiste italiane, anzi, quest'anno le 75 partecipanti provengono da tutta Europa e non solo.

La curatrice è Gabriela von Habsburg, una scultrice astratta che è cittadina della Georgia per scelta, ma per nascita membro della linea imperiale che fino al 1918 governava Trieste e gran parte dell'Europa centrale e orientale: Italia nord-orientale, Austria, Croazia, Serbia, Montenegro, Boemia e Ungheria.

Coincidenza vuole che un recente sviluppo commerciale potrebbe avere implicazioni per tutti questi paesi e rendere Bid21 un evento più importante, in quanto farà rivivere il ruolo economico della città, che ha perso un terzo dei suoi abitanti dal 1970. Amburgo, il porto marittimo più grande della Germania, ha acquistato una quota di maggioranza nel porto franco di Trieste per trasformarlo nel maggior porto container nel Mediterraneo orientale. In questo modo verrà collegato il commercio della Turchia, della Via della Seta cinese e del Canale di Suez con l'Europa settentrionale e orientale, sia su strada sia su ferrovia. Draghi ha allocato 400 milioni di euro per l’ampliamento del porto, e i prezzi degli immobili stanno già salendo alle stelle mentre gli austriaci e i tedeschi reinvestono nella città che avevano abbandonato quando è diventata italiana nel 1918.

Ma c'è anche il Portovecchio, un grande complesso di edifici costruito nel periodo asburgico, in disuso da 80 anni e ormai sepolto dal verde. Un altro motivo per cui la Biennale venne fondata fu per salvarlo e, in parte, ci è riuscita con il vasto Magazzino 26, dove ora si svolge Bid21. Il sindaco, in una rapida visita alla conferenza stampa ha promesso 600 milioni di euro per restaurare il resto del complesso, dove nasceranno musei di storia naturale e dell'Antartide e un centro per gli illustri istituti di ricerca scientifica di Trieste. Come ha affermato con entusiasmo l'assessore alla cultura, «è un momento magico per la città».

Ho chiesto se una biennale di sole donne non potesse essere considerata inversamente discriminatoria, e von Habsburg ha risposto che si trattava di dare a più artiste l'opportunità di esibire. È la qualità dell'arte a dover parlare, dopodiché possono anche venir fuori sfumature rivelatrici della comune origine femminile. In verità, però, la caccia a caratteristiche femminili è un esercizio talmente soggettivo da essere quasi inutile, così come lo è individuare l'influenza del titolo di quest'anno, «Trasformazioni silenziose». È tratta dal libro del filosofo e sinologo François Jullien che parla di come i cinesi percepiscono il cambiamento: non per rottura, come in Occidente, ma per un flusso cumulativo in cui il passato è onorato e preservato.

Allora cosa c’è da vedere a Bid21? C’è dell’arte politica, ma meno rispetto a molti eventi artistici attuali, non c’è enfasi sul #metoo o sulla politica di genere; ci sono varie opere fatte di tessuti e intricati lavori manuali (troppo facile definirle femminili); delle fotografie, dei video e delle performance. Per individuare alcuni pezzi: il monumentale obelisco in marmo chiamato «Odalisca» fuori dall'ingresso della scultrice russa Aidan Salakhova, che allude al velo musulmano ma anche a una vagina; la performance artist torinese Sara Ciuffetta, che gira con una pesante pietra cava in testa, che la rende cieca; il lungo turbante della 90enne artista napoletana Isabella Ducros, steso con tracce di pneumatici che scompaiono in lontananza; la slovena Anka Krašna, i cui pannelli a grandezza naturale sono dipinti con una versione del Masaccio di «Eva cacciata dal Paradiso» che si evolve in burka sempre più coprenti, sino all'ultimo, un sacco nero legato a della spazzatura; la mappa ricamata bianco su bianco di Cristina de Marchi, artista di sede a Dubai, intitolata «White (Europe)», e «I love you» dell'australiana Virginia Ryan, una massa di ritratti (acquistati, sottolinea lei) dalle vecchie boutique fotografiche del capoluogo della Costa d'Avorio, appesi come fossero bucato, davanti a un modellino di barca, perché è da lì che provengono molti dei migranti che rischiano la pericolosa traversata verso Lampedusa.

Bid21 è una piccola biennale che ha già fatto progressi in termini artistici e di internazionalità grazie alla curatela di Gabriela von Habsburg e che ha assunto Isabella Artioli, con un passato nella multinazionale delle auto Lotus, per sviluppare il marketing e lo sponsorship - quest'anno da Wiqo Cosmetics, Generali Unità d'Italia, i costruttori Rosso e Insiel - indispensabile poiché il consiglio comunale ha stanziato solo 25mila euro. Nonostante ciò, un catalogo di buona qualità era già pronto alla conferenza stampa.  Per la prossima edizione il comune potrebbe anche pensare di finanziare con qualche spicciolo in più la biennale, perché senza vigore economico la città non rinascerà, ma è con la cultura che si guadagnerà la fama. Bid21 dura fino al 18 luglio.

Da sinistra la curatrice di Bid21 Gabriela von Habsburg e l'artista australiana Virginia Ryan con «I love you»

Anna Somers Cocks, 21 maggio 2021 | © Riproduzione riservata

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