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Anna Orlando
Leggi i suoi articoliMarco Goldin non si pone limiti. Né per sé, né per il proprio pubblico. Lo ha fatto con coraggio e determinazione anche in occasione dell’ultima serie di mostre, l’una collegata all’altra, aperte a Vicenza la notte di Natale. La maggiore, «Tutankamon, Caravaggio, Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento» (Basilica Palladiana, fino al 2 giugno), è capace di ammaliare per la presenza di una quantità strabiliante di veri capolavori, grazie a prestiti prestigiosi da importanti istituzioni pubbliche nel mondo.
In parallelo, il castigliano Antonio López García (1936), presentato come «il più grande pittore figurativo al mondo», gode di un’ampia monografia a Palazzo Chiericati (fino all’8 marzo). E lo vediamo riapparire qua è là, anche tra i capolavori del passato e del Novecento nella mostra alla Basilica Palladiana, per innescare spiazzanti confronti tra epoche e stili. Così, automaticamente, per magia, assurge ai livelli di Bacon chiamato in causa per un raffronto nella sala proprio accanto. È una fine tecnica di marketing, che procede per via di comparazioni e sillogismi, per cui tutto è posto sullo stesso piano, tanto che le didascalie non prevedono l’indicazione della data e il luogo di nascita, ed eventualmente di morte, del pittore. Ma c’è di più. Nel presentare l’opera del pittore spagnolo il giorno della preview, tra un’iperbole verbale e l’altra, Goldin ha invitato a guardare i suoi disegni, perché la sua grafica «può rivaleggiare con quella di Michelangelo e Raffaello».
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