Il requiem di Jonas Mekas

In occasione del centenario dalla nascita, il Jewish Museum dedica al «filmmaker diarista» la prima retrospettiva statunitense

Alcuni fotogrammi da «Requiem» (2019) di Jonas Mekas Estate of Jonas Mekas
Federico Florian |  | New York

«La natura stessa della videocamera ti porta a concentrarti sul presente, dichiarò una volta Jonas Mekas (1922-2019). Per me che sono un filmmaker diarista, non uno che compone delle scene con degli attori, il cinema è sempre stato qualcosa che riguarda il momento presente».

Ex rifugiato dalla Lituania nazista e massimo rappresentante del New American Cinema, il nome di Mekas è inestricabilmente legato all’avanguardia newyorkese. Negli anni ’50 cofondò «Film Culture», il primo giornale di critica cinematografica in America; nel ’69 fu una delle menti della Anthology Film Archives, da quel momento in poi fulcro del cinema sperimentale nella Grande Mela.

In occasione del centenario dalla nascita, il Jewish Museum, fino al 5 giugno, gli dedica la prima retrospettiva statunitense: «Jonas Mekas: The Camera Was Always Running». Undici film e una selezione di fotografie e materiali d’archivio illustrano una personalità dalla forza creativa dirompente.

I video presentati abbracciano l’intera produzione di Mekas: da «Guns of the Trees» (1962), al suo ultimo lavoro «Requiem» (2019), tributo intimista alla «Messa da Requiem» di Giuseppe Verdi.

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