Il realismo magico di Viviane Sassen

Alla Maison Européenne de la Photographie sperimentazione e ricerca, ma anche poesia e intimità della fotografa olandese

«Eudocimus Ruber» dalla serie « Of Mud and Lotus » di Viviane Sassen (2017) © Viviane Sassen et Stevenson (Johannesburg / Cape Town / Amsterdam)
Luana De Micco |  | Parigi

«Per Viviane Sassen, la fotografia è lungi dall’essere solo una superficie, è un luogo aperto dove i suoi sogni, i desideri e le sue paure convivono con la realtà tangibile del mondo». Così scrive la MEP-Maison Européenne de la Photographie, che alla fotografa olandese, una delle figure più innovative della fotografia contemporanea, dedica un’ampia retrospettiva, «Phosphor. Art & Fashion (1990-2023)», dal 18 ottobre all’11 febbraio 2024.

Vi sono riuniti più di 200 scatti tratti da alcune serie maggiori come «Parasomnia» (2002-04), «Umbra» (2013-15), «Flamboya» (2004-08) e «Roxane» (2017). Viviane Sassen è nata a Amsterdam nel 1972, ma ha trascorso alcuni anni della sua infanzia in un paesino del Kenya, dove suo padre lavorava come medico. Un’esperienza che non l’ha mai abbandonata, neanche quando, in Olanda, si è dedicata alla fotografia di moda.

Nel settore Viviane Sassen ha lavorato per riviste come «Vogue» e collaborato con fashion brand come Stella McCartney e Missoni, affermandosi grazie alle sue immagini grafiche, scultoree, dalla bellezza surrealista, che rompono con i canoni della fotografia di moda e sfidano le leggi dell’equilibrio: inquadrature oblique, corpi frammentati, posizioni imprevedibili come dei collage di carta. «La moda per me è sempre stata una specie di parco giochi dove compiere esperimenti con le forme, i colori e le strutture», ha detto una volta la fotografa.

Ma non è tanto agli scatti di moda, di cui è presentata comunque una selezione, che è dedicata la mostra della MEP, quanto piuttosto alle serie più intime e al tempo stesso spettacolari realizzate durante i viaggi nel continente dell’infanzia, dove la fotografa è tornata più volte a partire dai suoi 29 anni. Serie in cui si mescolano lo stile surrealista che le è proprio e i colori vibranti, i chiaroscuri contrastati, gli spazi sconfinati che si è portata dentro di sé dall’Africa e che le hanno valso il Prix de Rome, nel 2007, con «Ultra Violet», per il suo «realismo magico».

Nel 2008 la prima monografia «Flamboya» ha raccolto le foto realizzate in Africa, tra Kenya, Uganda, Tanzania, i ritratti in pose surreali o spontanee di ragazze e ragazzi africani. Nel 2013, Sassen ha esposto i suoi lavori alla 55ma Biennale di Venezia nella mostra principale «Il Palazzo enciclopedico». Nel 2015, ha vinto il Deutsche Börse Photography Prize per il lavoro «Umbra», commissionato dal Nederlands Fotomuseum di Rotterdam, «un’interpretazione fantasiosa dell’idea di ombra come metafora dell’ansia e del desiderio, dei ricordi e delle aspettative, dell’immaginazione e dell’illusione che si manifestano nella psiche umana», si legge sul sito web dell’artista.

La MEP allestisce anche documenti di archivio, mai presentati prima, per spingere il visitatore ad approfondire il lavoro dell’artista e la sua originale tecnica fotografica, che combina l’armonia della composizione all’uso di diversi media, collage, video, pittura. L’obiettivo è mostrare come nascono queste immagini coraggiose e poetiche, da un lato frutto di una voglia di sperimentazione e di ricerca inesauribile di nuove forme, e dall’altro della presenza costante della memoria, di una dimensione intima che impregna tutta la sua opera.

© Riproduzione riservata «DNA» dalla serie « Lexicon » di Viviane Sassen (2007) © Viviane Sassen et Stevenson (Johannesburg / Cape Town / Amsterdam)
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