Il parlamento delle forme di Okwui Enwezor

Ben Luke |  | Venezia

A marzo, presentando i suoi progetti per la 56ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, il curatore nigeriano Okwui Enwezor (1963) ha esordito citando l’interpretazione data da Walter Benjamin a un dipinto di Paul Klee, «Angelus Novus» del 1920. Il filosofo tedesco, che scriveva nel 1940 mentre cercava di sfuggire alla Gestapo, individuava nell’immagine di Klee l’angelo della storia, intento a contemplare il passato come «una sola catastrofe che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi», e tuttavia spinta nel futuro dalla «tempesta che chiamiamo progresso».

Oggi, Enwezor dichiara di vedere «un paesaggio globale ancora una volta frantumato e nel caos», e di conseguenza «All The World’s Futures», la mostra centrale allestita ai Giardini di Castello e all’Arsenale, fa di questa Biennale di Venezia la più orientata verso la politica da molti anni a questa parte. Al centro c’è
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