Quella della Land Art è una storia perlopiù maschile. Robert Smithson, Michael Heizer e Walter De Maria, fra i vari, hanno dominato la narrazione storico-critica di questo movimento.
Sorta in America nella seconda metà degli anni ’60, la Land Art elegge deserti, laghi salati, mari e praterie a puro materiale scultoreo. Un intervento, questo sul paesaggio naturale, che spesso assume connotazioni aggressive, vagamente «machiste» secondo una lente contemporanea.
Un’importante mostra al Nasher Sculpture Center tenta di ridefinire la storia di questo movimento, reinserendo nell’intreccio un gruppo di artiste la cui pratica ha ricevuto minori attenzione e riconoscimento. «Groundswell: Women of Land Art» (fino al 7 gennaio 2024) presenta il lavoro di 12 di loro con installazioni, sculture, disegni e materiale documentario.
Ana Mendieta (1948-85) nella performance «Árbol de la Vida» (1982) si ricopre di fango il corpo nudo, fondendo la propria silhouette a quella di un albero secolare nelle foreste dell’Iowa: un rapporto, quello con la terra, che qui assume una connotazione intima ed effimera, in opposizione ai grandi gesti monumentali di Smithson o Heizer.
Maren Hassinger, losangelina nata nel 1947, ripresenta una versione di «Blanket of Branches», concepito nel 1986, in cui un «tendaggio» di rami d’albero ricopriva il soffitto del Santa Barbara Contemporary Arts Forum.
Mary Miss (1944) ha immaginato per l’occasione una nuova opera, «Stream Trace: Dallas Branch Crossing»: un lavoro che materializza il percorso di un fiume interrato che scorre sotto il giardino del Nasher. «Pipeline» (1986) di Nancy Holt (1938-2014) si snoda nello spazio espositivo: la struttura tubolare di acciaio, concepita dall’artista in risposta al grande oleodotto che attraversa l’Alaska, presenta, in alcuni punti, delle perdite di petrolio.
Completano il percorso i lavori di Lita Albuquerque (1946), Alice Aycock (1946), Beverly Buchanan (1940-2015), Agnes Denes (1931), Patricia Johanson (1940), Jody Pinto (1942), Michelle Stuart (1933) e Meg Webster (1944).
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