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Federico Florian
Leggi i suoi articoliLe opere di Gianni Piacentino (1945) combinano la seducente lucentezza delle carrozzerie delle automobili a una rigorosa essenzialità delle forme. Inoltre danno forma a un ideale microcosmo geometrico in cui il colore, dalle tinte metallizzate, rappresenta l’unica concessione al decorativismo.
Artista precoce e innovativo (a soli vent’anni è uno dei protagonisti dell’Arte povera), tra gli anni Sessanta e Settanta Piacentino è il fautore di un nuovo vocabolario visivo, assolutamente originale, che armonizza la fascinazione pop per l’immaginario consumistico a una predilezione per le forme primarie della Minimal Art.
Punto d’incontro tra queste due tendenze, per l’artista torinese, è il mondo dei mezzi di trasporto: auto, moto, aerei (prodotti della cultura urbana e popolare) incarnano un’estetica industriale che elegge essenzialità e funzionalità a principi estetici.
La Fondazione Prada di Milano gli dedica, dal 5 novembre al 10 gennaio, una retrospettiva con un centinaio di lavori, dai più recenti alle prime opere datate 1965. «È in questo clima storico di oscillazione tra arte e design, tra artigianato e industria, tra utile e inutile, tra unicità e serie, che si colloca il contributo di Piacentino, le cui alterità e singolarità risiedono proprio nella dialettica tra i due poli», afferma il curatore Germano Celant.
Tra le opere in mostra i «veicoli» degli anni Settanta, composti da lineari aste di ferro, inserti in legno e ruote in ottone cromato, che trasformano in feticci minimalisti le automobili e le motociclette tanto amate dall’artista, che partecipò a diverse gare.
O ancora le barre decorate con il logo «GP», marchio distintivo di Piacentino, e i «Combine Painting», costituiti da dipinti ed elementi scultorei. Una pratica, quella di Piacentino, che, sottolinea Celant, rappresenta «un’uscita assoluta dall’imperfezione, dall’istantaneità e dalla casualità del fare arte, per accedere a un universo di perfezione, calcolo e concentrazione».
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