Il gusto per Klimt dei suoi contemporanei

Ruota attorno a due capolavori del maestro austriaco la mostra che al Mart illustra la sua grande influenza sull’arte italiana

«La preghiera» (1914), di Felice Casorati. Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Camilla Bertoni |  | Rovereto (Tn)

Due dipinti che diedero vita a uno stile, aprendo una via per la modernità. Due dipinti attorno ai quali viene oggi costruita una mostra: «Giuditta II» e «Le tre età della donna», di nuovo riuniti dopo la Biennale di Venezia del 1910, sono i due capolavori attorno a cui si sviluppa «Klimt e l’arte italiana», che il Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto presenta dal 15 marzo al 27 agosto.

«Ragionavo intorno a questo progetto dal 2015, mentre lavoravo al Musée d’Orsay alla mostra “La dolce vita” e all’Orangerie alla retrospettiva su Adolfo Wildt, spiega la curatrice Beatrice Avanzi. Da qui è nata la consapevolezza della grande influenza che i dipinti di Klimt esposti in Italia tra il 1910 e il 1911 hanno avuto in quegli anni, in particolare i due che entrano nei musei italiani quando Klimt era ancora vivente e che abbiamo potuto ottenere in prestito: “Giuditta”, acquisita dal Comune di Venezia per la Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro, e “Le tre età”, acquisito per la Galleria nazionale d’arte moderna dal Ministero dell’Istruzione in seguito all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911». Come un «faro che illumina un percorso, l’eredità artistica e spirituale di Klimt, a sua volta ispirato dai mosaici di Venezia e Ravenna, tradotti in una sintassi rivoluzionaria», viene raccolta e interpretata da molti artisti italiani, a partire da Galileo Chini, impegnato nei cicli decorativi alla Biennale, e da Vittorio Zecchin.

«Pittore veneziano poco noto, figlio di maestri vetrai, aggiunge Avanzi, reinterpreta alla luce di Klimt la tradizione veneziana muranese e realizza la decorazione dell’Hotel Terminus a Venezia, oggi smembrata in varie collezioni». La mostra si sviluppa per nuclei tematici: «Una sezione è dedicata ai secessionisti di Ca’ Pesaro, che dal 1908 cercavano alternative alle esposizioni ufficiali. Tra loro alcuni provenienti dai confini con l’impero, come Guido Marussig per esempio, vicini al clima secessionista nordico. O Felice Casorati, che in quegli anni si trova a Verona e lascia opere come “La preghiera”, di chiara impronta klimtiana, che influenzerà una serie di artisti come Guido Trentini».

Non poteva mancare Adolfo Wildt, definito ai suoi tempi «il Klimt della scultura», caratteristica che emerge ancora di più dall’opera grafica. Una sezione è dedicata agli artisti trentini che hanno raccolto l’eredità klimtiana, in primis Luigi Bonazza, e altri che, come lui, si sono formati alla scuola di Vienna. «Il mio intento è stato quello di mostrare, indagando in profondità un breve momento storico, conclude la curatrice, quanto sia stata importante l’opera di Klimt e quanto il fascino che ha esercitato sugli artisti italiani, alla ricerca di una nuova modernità nell’anno in cui nasceva il Futurismo, sia stato interpretato in declinazioni personali e differenti».

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