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Il Ghirlandaio fra le vigne

Laura Lombardi

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Nell’ambito del ciclo di restauri avviati una decina di anni fa dalla Soprintendenza per i Beni rchitettonici di Firenze, nel Monastero di San Michele a Badia a Passignano dei Padri Vallombrosani prenderà avvia l’intervento conclusivo, quello sul refettorio monastico. A renderlo possibile i 200mila euro elargiti dalla Fondazione non profit americana Friends of Florence, somma che include un generoso contributo dei marchesi Antinori i cui vigneti circondano la badia che ospita anche alcune loro cantine. Si tratta del primo intervento fuori Firenze finanziato dalla Fondazione presieduta da Simonetta Brandolini d’Adda a conferma di una missione rivolta non solo al capoluogo, ma al territorio toscano. Tornerà così visitabile dopo anni il luogo nel quale si trova l’affresco dell’«Ultima Cena» di Domenico e David Ghirlandaio, il refettorio realizzato fra il 1440 e il 1485, il periodo di massimo splendore del monastero (sotto la direzione degli abati Francesco Altoviti prima e Isidoro del Sera poi), e trasformato in seguito dall’architetto Jacopo Rosselli con volte a botte lunettate poggianti su capitelli in pietra serena. Ghirlandaio ricevette l’incarico dall’abate Isidoro nel 1476 e la sua opera andò a collocarsi sotto le scene già dipinte da Bernardo Rosselli raffiguranti «La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre» e «Caino che uccide Abele». Con le soppressioni dei conventi nel 1866, la badia fu acquistata dai conti Dzieduszycki, che la ristrutturarono per trasformarla in un castello: il refettorio, detto Sala del Cenacolo, divenne il salone di rappresentanza, arricchito da un grande camino e messo in comunicazione con il chiostro antistante mediante l’apertura di due porte. «Il restauro del 2002, avviato con la direzione dell’architetto Fiorella Facchinetti, era stato interrotto per carenza di fondi dopo circa un anno, spiega Claudio Paolini della Soprintendenza, direttore dei lavori, per la parte architettonica, insieme a Giorgio Elio Pappagallo, ma aveva comunque liberato il grandioso affresco dei Ghirlandaio dalle pesanti ridipinture che avevano interessato l’ambiente intorno al 1870 e che avevano semplificato e modificato gli elementi architettonici della composizione per uniformarli alle pitture di gusto neogotico con il quale era stato riletto l’intero salone, peraltro alterando l’originaria prospettiva della scena. Il contributo dei Friends of Florence consente, dopo le fasi di pulitura e consolidamento già effettuate, di procedere con l’integrazione delle limitate lacune sia di riordinare la grande sala e renderla nuovamente disponibile ai molti visitatori della Badia, restituendo un’immagine dell’“Ultima Cena” che a ragione possiamo definire inedita, sia per il ritrovato splendore cromatico precedentemente offuscato da protettivi alterati, sia per la messa in luce dei particolari già nascosti dalle ridipinture ottocentesche». Il restauro è affidato all’impresa Cellini, già impegnata nella campagna precedente.

Laura Lombardi, 29 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

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