Il Gauguin scozzese sbarca a Filicudi

Peter Doig inedito nella nuova galleria di Sergio Casoli

«Painting a cloud on a Wall» (2015) di Peter Doig
Francesca Romana Morelli |  | Isola Filicudi (Me)

Era un sabato pomeriggio quando, lo scorso 23 luglio, a Filicudi Sergio Casoli è andato ad accogliere l’artista scozzese Peter Doig sbarcato dall’aliscafo. Per Casoli è stato come se fosse arrivato un fratello, un amico fraterno, anche se tra loro hanno scambiato appena qualche parola. Il 27 luglio Doig inaugura una personale nella nuova galleria d’arte aperta da Casoli (Milano 1954), in un ambiente non troppo grande, caratterizzato da un luminoso e semplice stile eoliano, annesso alla pensione e al ristorante Grand Hotel Sirena, che gestisce dal 2000, inizialmente insieme a Maurizio Cattelan, a Pecorini un villaggio di pescatori.

Il Grand Hotel Sirena lambisce la spiaggia di un mare terso, ma profondo. Tra le più piccole e appartate isole dell’arcipelago che si estende sul territorio vulcanico dell’Eolie, Filicudi ha abbastanza mantenuto una natura vergine, per certi aspetti aspra, circondata da un mare blu scuro. Nel tempo si è rivelata un rifugio per personalità della cultura e dello spettacolo che hanno ricostruito i ruderi di case abbandonate, come il mitico e nordico Ettore Sottsass, che in un’intervista affermò: «Ho una piccola casa a Filicudi dove vado tutte le estati e dove lavoro. Tutti i lavori più carini che ho fatto, non avrei potuto farli in un’altra solitudine (…) mi interessa l’architettura mediterranea in generale, che è molto modesta, molto attaccata alla vita quotidiana, alle fatiche, mi piacciono i muri, le porte, l’uso delle stanze…mi interessa molto la luce di Filicudi».

Casoli è sbarcato nell’isola nel 1990, quando avevano portato da circa un anno la luce elettrica a Pecorini e nel frattempo la sua storia di mercante d’arte già correva: ha aperto gallerie tra Milano e Roma, dallo spazio milanese, che era stato lo studio di Lucio Fontana a Corso Monforte all’ultima a Roma nel 2018, dove strinse un sodalizio con il più giovane Mattia De Luca a piazza Campitelli, nei pressi del Ghetto. Filicudi è un punto fermo nella sua geografia esistenziale, perché come asserisce lo stesso Casoli, quell’isola lo ha fatto per sempre suo, tanto che meno di una quindicina di anni fa ha piantato un frutteto e duecentocinquanta ulivi, che gli danno oltre trecento litri di olio genuino, destinato soprattutto alla cucina del ristorante e in particolare ai piatti di pesce pescato in giornata.

Ora il nuovo Studio Casoli, così si chiama la galleria aperta da giugno a settembre, accoglierà artisti e progetti mirati, mentre nei mesi restanti sosterrà residenze di artisti. Un luogo che mantiene lo spirito libero e informale di Filicudi, tanto che i visitatori possono accedere anche con i piedi scalzi… Una sorta di «battesimo» dello Studio è stato tra giugno e luglio l’omaggio al fotografo milanese Giovanni Gastel, noto in campo internazionale e scomparso a causa del Covid. Anche Gastel nutriva una forte passione per Filicudi, come hanno dimostrato le foto esposte.

Dal 27 luglio al 10 settembre si potrà visitare invece la personale di Peter Doig (Edimburgo 1959), alla sua seconda mostra in Italia dopo quella del 2015 a Venezia, tenutasi nella Fondazione Bevilacqua La Masa in parallelo alla 56ma Biennale. È stato definito il «Gauguin scozzese» per i suoi atteggiamenti decisamente anticonformisti fin dagli studi alla londinese St. Martin’s school e per la pittura originale, mai scontata, che attraverso un utilizzo insolito della prospettiva e del colore conferisce una dimensione magica ai soggetti dei quadri, più volentieri di grandi dimensioni. Doig è anche uno dei pittori più quotati al mondo, infatti nel novembre 2021 a New York da Christie’s un suo dipinto, «Swamped» (1990) ha toccato i quaranta milioni di dollari; il MoMA già da tempo possiede alcune decine di opere, ma anche altri musei statunitensi e inglesi e ora l’artista è corteggiato da collezionisti orientali.
L’esterno dello Studio Casoli sull’isola di Filicudi (Me)
Sergio Casoli come è nata l’idea di aprire una galleria a Filicudi?
In verità è successo senza un motivo o una ragione, a me piace lasciare che sia il caso a decidere le cose nel modo più  giusto per me. Credo che l’apertura della mia galleria è una cosa che alla fine doveva accadere, anche come conseguenza del mio radicamento nell’isola.

Molte cose nella sua vita sembrano nascere per caso, ma fanno scaturire in lei qualcosa di forte, come la scoperta di questa isola, penso anche a Lucio Fontana, la cui conoscenza della sua pittura l’ha segnato in maniera irreversibile. D’inverno a Milano, Fontana lavorava nello studio in corso Monforte, d’estate si trasferiva nel suo studio di Albisola in Liguria, un famoso centro della creazione ceramica fin dal Futurismo, ma le cronache dei rotocalchi riportano come la sera l’artista animasse la vita mondana e si divertisse andando a ballare.
Fontana era un artista autentico, che ha vissuto sempre con molta libertà, rispettando se stesso. Condivido fortemente quel mondo e quell’epoca, in cui mi sono trovato a crescere, in un rapporto che non metteva gli interessi economici al primo posto. Confesso che mi sento molto vicino a Fontana.

L’anno scorso ha debuttato «Italics», una rete nazionale di galleristi e antiquari che punta su un connubio tra arte e bellezza dei luoghi italiani, tra storia e natura. Non ha pensato di aderire a quel programma?
Non mi è mai piaciuto fare parte di un sistema e di qualsiasi altre iniziative o progetti che possano precludere la mia libertà di scelte.

Come è nata la personale di Peter Doig?
È successo la scorsa estate, quando Peter è venuto a mangiare nel mio ristorante. Non mi piace parlare inglese, ma per caso abbiamo scambiato qualche parola, finché non sono rimasto piacevolmente a chiacchierare con lui per una mezz’ora. Quando stavo per andare via, sono tornato indietro per capire tra le prenotazioni chi fosse la persona con la quale avevo parlato, così sono tornato da lui e ci siamo presentati ufficialmente. Poi a Natale gli ho telefonato per proporgli una personale a Filicudi e lui ha accettato. Esporrà sette o otto quadri, delle carte e  quattordici disegni, realizzati per la mostra, ma stiamo ragionando se quest’ultimi esporli nel bar del Grande Hotel Sirena.

Questo porterà a un rapporto di lavoro più duraturo?
L’obiettivo non lo antepongo mai alla casualità degli eventi.

Che programmi futuri ha per la galleria?
Lo saprò soltanto in autunno, quando avrò chiuso questa prima stagione espositiva.

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