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Il fior fiore di Baechler

Federico Florian

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«Sono un artista astratto prima di tutto. Per me è sempre stata più una questione di linea, forma, equilibrio e bordo della tela (sciocche preoccupazioni formaliste) che di soggetto o narrazione». Così ha dichiarato Donald Baechler, classe 1956, nato in Connecticut e di stanza a New York, uno dei pittori (insieme a Keith Haring e Jean-Michel Basquiat) della scuderia dell’ormai leggendaria Shafrazy Art Gallery di Lower Manhattan, all’epoca centro propulsore del graffitismo anni Ottanta.

Baechler, in verità, ha preso le distanze da quel movimento: «Non sono mai stato un graffitista, ha dichiarato. Alcuni artisti cosiddetti “graffitisti” furono miei amici, come Keith Haring e Kenny Scharf, facemmo anche alcune mostre insieme, ma la “graffiti art” non ha mai fatto parte del mio programma».

Noto per i soggetti tratti dal mondo dell’infanzia, i suoi dipinti combinano spontaneità naïf ed esuberanza pop; autore anche di opere tridimensionali dallo stile brioso e vivace, risente dell’influenza di Roy Lichtenstein, Alex Katz e Carroll Dunham. Non solo la cultura popolare, ma anche la storia dell’arte costituisce un’inesauribile fonte d’ispirazione per Baechler: tanto che, tra gli artisti prediletti, cita (allo stesso livello) Giotto e Cy Twombly.

Lo Studio d’arte Raffaelli ospita, sino al 28 febbraio, una sua personale, dal titolo «Black & White». Bianchi e neri sono in effetti gli eleganti fiori su carta e su tela, fulcro dell’esposizione, che ripropongono in una nuova foggia un tema particolarmente caro all’autore. In mostra anche alcune sculture in bronzo e, nella Sala Bacco di Palazzo Wolkenstein, sede della galleria, una serie di ritratti inediti su carta, appositamente realizzati da Baechler per questo appuntamento trentino. In totale è allestita una trentina di opere tra collage, tele e sculture recenti; accompagna la mostra un catalogo a cura del pittore americano James Brown.

Federico Florian, 08 novembre 2015 | © Riproduzione riservata

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