Il fascino europeo di Galileo Chini

La prima monografica fiorentina dedicata all’artista pertiene a un progetto scientifico pluriennale coordinato da Carlo Sisi

Una veduta della mostra «Galileo Chini e il Simbolismo Europeo», Villa Bardini, Firenze. L’allestimento è firmato dall’architetto Gigi Cupellini. Foto Stefano Casati Una veduta della mostra «Galileo Chini e il Simbolismo Europeo», Villa Bardini, Firenze. L’allestimento è firmato dall’architetto Gigi Cupellini. Foto Stefano Casati Una veduta della mostra «Galileo Chini e il Simbolismo Europeo», Villa Bardini, Firenze. L’allestimento è firmato dall’architetto Gigi Cupellini. Foto Stefano Casati
Elena Franzoia |  | Firenze

Dal 7 dicembre al 25 aprile Villa Bardini riprende l’attività espositiva dopo la lunga pausa pandemica con la mostra «Galileo Chini e il Simbolismo Europeo», promossa da FCR Firenze e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron. Prima monografica fiorentina dedicata all’artista, la mostra pertiene a un progetto scientifico pluriennale coordinato da Carlo Sisi, pensato come «laboratorio dello studio novecentesco mirato a fare di Villa Bardini un punto di incontro di respiro europeo».

Le circa 200 opere esposte, che vanno dalla grafica pubblicitaria alla ceramica, dalla scultura alla pittura, offrono un ricco e variegato spaccato non solo della produzione giovanile di Chini, ma anche delle feconde relazioni internazionali che seppe tessere con i suoi contemporanei. La sua arte si lega a personaggi come Aubrey Beardsley, Gaetano Previati, Giovanni Segantini, Félix Vallotton e Pierre Bonnard.

Da qui l’importanza dei prestiti, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e internazionali, come il Musée Rodin di Parigi. Spicca infatti il rapporto tra l’artista toscano e il grande scultore francese di cui realizzò nel 1901 un ritratto che gli valse in dono la scultura in gesso «Danaide», entrambi esposti in mostra.

«Mi occupo di Galileo Chini da 40 anni» afferma il curatore Fabio Benzi «ma questa è forse la mostra più importante che gli ho dedicato, anche grazie alla profonda amicizia che mi lega a Paola Chini, erede e curatrice del patrimonio artistico di un maestro di cui abbiamo qui focalizzato i primi 20 anni di attività, fino al celebre viaggio in Siam (1913).

Chini si impone subito come grande mattatore delle Biennali veneziane, apprezzato ad esempio da Umberto Boccioni, capace di abbattere in nome dell’opera d’arte totale tipica dell’Art Nouveau le distinzioni accademiche tra arti "maggiori" e decorative o "minori". Quando nel 1896 fonda la sua celebre manifattura, Chini conosce un eccezionale successo internazionale grazie alla sintonia con tutti i diapason dell’arte europea, e soprattutto la vibrazione all’unisono con le avanguardie
».

© Riproduzione riservata Una veduta della mostra «Galileo Chini e il Simbolismo Europeo», Villa Bardini, Firenze. L’allestimento è firmato dall’architetto Gigi Cupellini. Foto Stefano Casati
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