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Redazione GDA
Leggi i suoi articoli«Il nucleo di opere che ho selezionato hanno come protagonista non l’oggetto, ma il visitatore. Sono opere che ho scelto per il loro tempo, cioè quel tempo che divide il 1968 da noi oggi, ma anche perché io ero ad Amalfi nel ’68 ed è lì che ho cominciato una storia con Lia Rumma attraverso il marito Marcello Rumma», racconta Paolo Icaro (Torino, 1936) a proposito della sua personale, «Dribbling», alla galleria Lia Rumma fino a febbraio.
Protagonista delle ricerche artistiche degli anni ’60, vicino all’esperienza dell’Arte povera, Icaro ha partecipato alla rassegna «Arte Povera + Azioni Povere», promossa e organizzata da Marcello Rumma negli Arsenali di Amalfi e curata da Germano Celant nel 1968. L’artista torinese ha sviluppato una personale e originale ricerca, rinnovando la definizione stessa di scultura in rapporto con lo spazio.
Tra le opere in mostra lavori storici, tra cui «Cuborto» (1968), «Buchi 1.000.000+1» (1968) e «Cumulo rete» (1968) e una nuova installazione «Spazio, con anima» (1967-2021), realizzata con tre elementi di diversa datazione: una piccola scatola spaziale in legno e corda del 1967, la ricostruzione della stessa in scala maggiore di 1:1, che va così a definire uno spazio abitabile a misura d’uomo, e la proiezione di un corpo femminile che si muove all’interno di questa scatola-gabbia. «Lo spazio della scultura è lo stesso spazio in cui sta il mio corpo, io sto nello spazio dove sta anche la scultura. La scultura è quindi corpo, corpo dell’idea che si fa vulnerabile gravità come ogni altro corpo dell’universo», precisa l’artista.

«Spazio con anima», 1967, di Paolo Icaro. Foto di Michele Alberto Sereni. Cortesia di Galleria Lia Rumma Milano/Napoli
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