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Il bestiario del Maligno

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Il suggestivo tema su cui si incentra la ricerca di Laura Pasquini prende in esame, essenzialmente, tre momenti storici utili a inquadrare e a seguire l’evoluzione di un discorso, per immagini, sui modi di rappresentazione dell’oltretomba e dei suoi possibili e mostruosamente godibili abitanti

Il primo è relativo al periodo compreso tra VI e XIV secolo, il secondo inerente all’inferno dantesco e l’ultimo per il periodo dopo Dante. Il commento si concentra, agli inizi, sul cosiddetto Bestiario de Maligno, per procedere a un’accurata analisi delle scene in cui lo stesso veniva diversamente disegnato e mostrato nelle scene canoniche e apocrife, per l’Antico Testamento, la Caduta degli Angeli Ribelli, mentre per il Nuovo, le Tentazioni e gli Esorcismi di Cristo, la discesa agli Inferi e l’Apocalisse. Con il motivo del Giudizio finale (IX-X secolo) si aprì il problema dell’illustrazione delle geografie infernali, con le localizzazioni del principe delle tenebre, dei suoi accoliti, tormenti e pene. Tutto il discorso è interno alla tradizione cattolica, e in stretta dipendenza dalle omelie dei Santi Padri e dalla predicazione popolare. Gli insegnamenti religiosi erano incentrati sulle riletture e interpretazioni dei testi sacri e confluivano nelle grandiose immagini di decorazione delle chiese.

Origine e sviluppo delle immagini dal VI al XV secolo di Laura PasquiniLa lettura del secondo capitolo, quello su Dante, implica una premessa di ordine metodologico che tocca l’interpretazione della Divina Commedia:
Dante non ha scritto con lo scopo primario di far vedere immagini, ma di leggere e riflettere sui problemi dell’esistenza. La sua incidenza come fonte iconografica sui temi dell’oltretomba è di nostra scelta e volontà. Molte delle particolarità del suo Inferno, come si rileva dalle miniature di numerosi codici della Commedia, derivano infatti dalla comune tradizione cristiana del tempo o sono sue facili varianti. In altre parole, le uniche raffigurazioni ad affresco della Commedia come tale, non vennero poste all’interno di una chiesa o di un edificio sacro, ma in palazzi profani. In questo caso, intrecciare due tradizioni così violentemente opposte è esercizio culturale da esplicitare per mettere in grado i lettori di cogliere l’esistenza delle diverse vie dell’arte. Certamente alcuni elementi propri del testo dantesco, da Virgilio a Maometto o al diavolo dal «vultus trifrons», possono comparire in cicli affrescati ma sono motivi particolari, non propriamente indizi di un Inferno dantesco. 

L’ultimo capitolo infine passa infine in esame la tipologia dei supplizi in alcuni celebri inferni, tra Toscana e Liguria, e la presenza del cosiddetto «settenario dei peccati», altro insegnamento rispetto alla lettura dantesca del mondo dei peccati. Buona parte del volume è esaurita dalla raccolta con le riproduzioni delle immagini esplicative dei vari momenti figurativi, partendo da miniature di «Bestiari» e arrivando al 1592, con l’affresco del «Trionfo dell’ordine benedettino» di Antonio Vassilacchi.

Diavoli e Inferni nel Medioevo. Origine e sviluppo delle immagini dal VI al XV secolo
di Laura Pasquini, introduzione di Gian Mario Anselmi
232 pp., 85 ill. colori e b/n
Il Poligrafo Editore, Padova 2015
€ 25,00

Redazione GDA, 18 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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