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Icona sacra e profana

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Jenny Dogliani

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Torino. Donna trasgressiva, pittrice di successo, icona dell’Art déco, Tamara Rosalia Gurwik-Gorska, in arte Tamara de Lempicka (1898-1980), è protagonista di una retrospettiva curata da Gioia Mori a Palazzo Chiablese dal 19 marzo al 30 agosto. In mostra, un centinaio di opere tra dipinti, disegni e acquerelli suddivisi in sei sezioni tematiche che mettono in luce aspetti stilistici e biografici. Ad aprire il percorso sono alcune vedute d’interni: angoli degli atelier della Lempicka, particolari di stanze d’albergo e di case ubicate tra Varsavia, San Pietroburgo, l’Italia, Parigi e New York. Sono i luoghi in cui l’artista ha vissuto e soggiornato entrando in contatto sia con le avanguardie sia con l’arte classica, metabolizzando la tensione tra antico e moderno che caratterizza la sezione successiva, dedicata alla natura morta. È un genere praticato con rigore tecnico dal periodo giovanile agli anni Cinquanta cui fa capo, tra gli altri, «Nature morte aux mandarines» del 1925. Qui l’iperrealismo dei mandarini contrasta le azzardate geometrie del tavolo che emerge da uno sfondo della medesima tonalità di grigio, creando un effetto di monocromia. Segue la pittura devozionale, un versante meno noto della produzione della Lempicka, rappresentata da dipinti quali «Maternité» del 1922 e «La Vierge bleue» del 1934. In entrambi i casi l’autrice rivela l’aspetto femminile, fragile e terreno della Vergine, rappresentato dal bacio e dall’abbraccio vigoroso al figlio nel primo caso, dalle labbra rosse e dallo sguardo rivolto verso il basso nel secondo (un intenso primo piano). Le ultime tre sezioni sono dedicate al suo genere più celebre, il ritratto. Tre nuclei di disegni e dipinti raffiguranti le amiche lesbiche, Ira Perrot e i bambini (in particolare la figlia Kizette) sono messi a confronto con gli scatti di Albin-Guillot e Brassaï. Con una tavolozza intensa e luminosa la pittrice dà forma a potenti figure schiacciate dai bordi della tela, scolpite da ombre, contorni netti e anguste geometrie che rendono i soggetti sempre distanti e vagamente malinconici.


Jenny Dogliani, 03 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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Icona sacra e profana | Jenny Dogliani

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