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I suggerimenti del marketing

Antonio Aimi

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Partire dalle aste di Sotheby’s e Christie’s che si sono tenute a Parigi il 22 e 23 giugno per capire l’andamento del mercato dell’arte «altra» è quanto mai difficile, perché il complesso di opere presentate e i risultati delle vendite sono così diversi tra loro da rendere quasi impossibile una lettura che non si limiti a riportare, banalmente, i dati che sono sotto gli occhi di tutti.

Cionondimeno, da questi dati è indispensabile partire. L’asta Sotheby’s del 22 giugno si è articolata in due sessioni, una dedicata alla seconda parte della collezione Malcom, l’altra, generalista, dedicata alle «Arti dell’Africa e dell’Oceania».

Nella prima sono stati presentati dodici pezzi: di questi ne sono stati venduti dieci, per un fatturato complessivo di 4.524.100 euro, con percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) dell’83% e del 97%. Nella seconda sono stati messi in vendita 68 reperti, di questi ne sono stati venduti 54.

Il risultato complessivo è stato di 6.795.325 euro, mentre le percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) sono state del 93% e del 79%.

Anche l’asta Christie’s del 23 giugno si è articolata in due sessioni. La prima era riservata alla collezione Loudmer, la seconda all’«Arte dell’Africa e dell’Oceania». La collezione Loudmer, tuttavia, si caratterizzava per un marketing «incrociato» estremamente innovativo, anche se per molti aspetti non sorprendente. Infatti, presentava opere di artisti del XIX-XX secolo come Léger, Rodin, Denis e altri accanto a reperti di medio livello provenienti dall’Africa, dall’America e dall’Oceania.

Il risultato di quest’operazione è stato estremamente positivo dato che su 167 pezzi ne sono stati venduti 163, con percentuali del venduto (rispettivamente per valore e per numero di pezzi) del 99,9% e del 97% e un fatturato complessivo di 2.787.738 euro. Ben diverso, invece, è stato il risultato dell’altra sessione Christie’s, dove sono stati venduti 38 degli 87 reperti messi all’asta con percentuali del venduto (di nuovo per valore e per numero di pezzi) del 42% e del 44% e un totale di 1.209.438 euro.

A partire da questi risultati è possibile individuare una «ratio», se esiste, nelle tendenze del mercato? Per tentare delle ipotesi, come sto scrivendo da tempo, non bisogna dimenticare che nel mercato dell’arte «altra» si vendono beni materiali, il cui valore va necessariamente ricondotto alla tematica delle attribuzioni, alla gerarchia delle opere e all’«aura» di cui si sono impregnati.

Da questo punto di vista si può registrare che i capolavori e le opere di fascia alta, in questa occasione tutti offerti nelle due aste Sotheby’s, sono stati venduti a cifre importanti, anche se, forse, inferiori a quelle che avrebbero raggiunto qualche anno fa.

Il top lot assoluto, una maschera Lega in avorio alta 21 cm, è stato venduto a 3.675.000 euro (stime 1-1,5 milioni), facendo registrare il record assoluto per un’opera di questa etnia. Seguono poi una figura femminile Chokwe, venduta a 2.275.000 euro (stime 1,5-2 milioni), uno sgabello Rurutu, venduto a 1.083.000 euro (stime 500-700mila) e una statua Senufo, venduta a 1.023.000 euro (stime 600-900mila).

Dei risultati di questi top lot si può dire che in generale rispecchiano le loro qualità formali con qualche distorsione, ovviamente più che legittima, dovuta al pedigree. Per quanto riguarda i pezzi di fascia media è importante registrare il successo dell’operazione di cross-marketing, che nel caso dell’asta Loudmer, ha esteso a molti reperti l’«aura» della collezione.

Senza prendere in esame, ovviamente, i risultati degli artisti del XIX-XX secolo, oltre alle percentuali straordinarie sopraccitate, si deve registrare che tutti i top lot d’arte «etnica» sono andati molto oltre le stime degli esperti Christie’s. Il caso più clamoroso è quello di un reliquiario Kota, che a partire da una stima di 30-50mila euro è arrivato a 505.500.

E da questo punto di vista appare evidente che il flop della seconda sessione dell’asta Christie’s non fa che confermare, con qualche rara e giustificata eccezione, che le politiche di marketing sono ormai decisive.

Antonio Aimi, 07 agosto 2016 | © Riproduzione riservata

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