Maestro indiscusso del gioiello contemporaneo internazionale, Giampaolo Babetto (Padova, 1947), autore già negli anni Settanta di antesignane creazioni orafe minimaliste che hanno fatto scuola, si cimenta con il sacro e, nel farlo, sceglie uno dei luoghi di culto più imponenti della città lagunare: l’Abbazia di San Giorgio Maggiore. Qui, fino al 3 aprile, con la mostra «Giampaolo Babetto. Segno e luce», essenziali oggetti liturgici in metalli preziosi e non, a volte combinati con vetro e cristallo, dialogano con gli spazi sacri della Basilica che si aprono a nuove sperimentazioni artistiche, da sempre presenti, sulla scia di una tradizione secolare, nella vita della comunità benedettina.
«Non semplici oggetti ma espressioni che associate a gesti, trasmettono messaggi dal significato profondo e fanno vivere l’esperienza e l’incontro con il trascendente e l’immanente», sottolinea il direttore e curatore istituzionale della Benedicti Claustra onlus, Carmelo Grasso, curatore della mostra insieme ad Andrea Nante, storico dell’arte e Direttore del Museo Diocesano di Padova, il quale commenta «la preziosità dei materiali, le geometrie delle forme di Giampaolo Babetto ben si legano a questo percorso, richiamando uno sguardo non più di sacralizzazione dell’oggetto ma di sacralizzazione della vita».
Non è la prima volta che il maestro padovano si confronta con il tema del sacro, suoi il reliquiario del Sacro Cingolo della Madonna del Duomo di Prato, l’ostensorio della Chiesa di Saint Michael (Monaco di Baviera), i candelabri e il calice per Saint Martin-in-the-Fields (Londra). Inoltre, proprio per l’Abbazia di San Giorgio Maggiore, Babetto sta lavorando alla realizzazione di un prezioso reliquiario in onore di san Cosma, monaco eremita di Candia. La mostra è corredata di un catalogo edito da Abbazia di San Giorgio Maggiore Benedicti Claustra onlus.
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