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«San Giovanni Battista» di Caravaggio. Roma, Galleria Corsini

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«San Giovanni Battista» di Caravaggio. Roma, Galleria Corsini

I Corsini, una famiglia di papi, cardinali e mecenati

Enzo Borsellino ha indagato la storia della Collezione Corsini attraverso i secoli (ma il catalogo è ancora da scrivere)

Alessandro Zuccari

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Ultima di una lunga serie di pubblicazioni sulla Galleria e sul palazzo Corsini, lo storico dell’arte Enzo Borsellino ci presenta la sua tanto attesa opera in due volumi, che sviluppa la storia della collezione corsiniana di Roma dalle origini fino alla sua donazione allo Stato italiano. Solo una ricerca metodica e approfondita come la sua poteva offrire una visione così completa delle vicende storiche e culturali che hanno visto come protagonisti vari membri della famiglia Corsini, che nel corso di tre secoli hanno contribuito alla formazione di una preziosa raccolta di dipinti e sculture che arricchisce il singolare patrimonio museale di cui Roma può vantarsi.

In particolare a Lorenzo Corsini, poi papa Clemente XII, erudito bibliofilo, fautore di importanti soluzioni urbanistiche nella città di Roma e rinnovatore del Museo Capitolino, l’autore riconosce il ruolo di appassionato collezionista d’arte e il merito di aver arricchito la raccolta di famiglia coni tanti dipinti ricevuti in dono o in legato come pontefice. Tra questi ultimi vanno ricordati i celebri «Quadri di canonizzazione», un unicum nelle Gallerie romane. A fianco dello zio papa fu però il cardinale «nipote» Neri Maria a implementare la raccolta di dipinti e sculture: illuminato studioso, mecenate, amante dell’archeologia, notissimo nei circoli letterari dell’epoca, dal 1736 egli ottenne che l’architetto Ferdinando Fuga trasformasse il palazzo Riario alla Lungara nella magnifica classicheggiante residenza dei Corsini.

Fu questo il luogo designato dal cardinale per allestire la fastosa galleria in cui esporre la sua ambita collezione artistica e sistemare la ricca Biblioteca (oggi dell’Accademia dei Lincei). Di Clemente XII e Neri Maria Corsini viene presentato un pregevole «Doppio ritratto» eseguito dal famoso mosaicista Pietro Paolo Cristofari, conservato nel palazzo alla Lungara, ricostruendone la committenza e identificandone l’autore del modello preparatorio, che è Giacomo Zoboli e non Agostino Masucci, come tradizionalmente si riteneva.

Con uno studio puntuale delle fonti d’archivio edite ed inedite, Borsellino segue la collezione nel suo formarsi nel tempo, dalle prime opere possedute dalla famiglia Corsini al suo arricchimento attraverso doni ed acquisizioni compiute da Neri Maria e dai discendenti dell’illustre casato. Lavoro che si integra con le recenti ricerche portate avanti dalle Gallerie Nazionali, come: gli atti del convegno del 2015 sulla storia del palazzo e la collezione nell’Ottocento, cui ha partecipato lo stesso Borsellino (Storie di Palazzo Corsini. Protagonisti e vicende nell’Ottocento, a cura di A. Cosma e S. Pedone, Roma 2016); la mostra dedicata alla «Visione di Sant’Andrea» di Guido Reni e alla replica di Agostino Masucci (Guido Reni, i Barberini e i Corsini. Storia e fortuna di un capolavoro, a cura di S. Pierguidi, Milano 2018); la mostra curata da Alessandro Cosma che ha riportato a via della Lungara l’«Autoritratto» di Rembrandt venduto durante i burrascosi eventi della Repubblica Romana del 1799 (Rembrandt alla Galleria Corsini. L’autoritratto come San Paolo, Torino 2020); fino al recentissimo approfondimento sulle novità tecniche e documentarie emerse dal restauro del celebre Murillo (La Madonna del latte di Murillo alla Galleria Corsini. Storia e restauro, a cura di A. Cosma, Venezia 2021).

Fiorentina di origine, orgogliosa di avere un santo nella sua genealogia, sant’Andrea Corsini, la famiglia vantava già collezionisti come Ottavio, Neri Maria senior e altri, cui seguì Tommaso senior che istituì il fidecommesso dei beni familiari, donati nel 1829 al primogenito Andrea. Infine, Tommaso junior che tanta cura dedicò alla collezione, che decise di donare nel 1883 allo Stato insieme alla ricca Biblioteca Corsiniana, una volta venduto il palazzo in cui oggi risiede anche l’Accademia Nazionale dei Lincei. È un insieme di 606 dipinti, 276 tra sculture e oggetti d’arte, 67 mobili (inventariati e non) dislocati dentro e fuori il palazzo, che compone il consistente patrimonio artistico ceduto a titolo gratuito allo Stato italiano.

Le opere d’arte vengono riconosciute in un susseguirsi di inventari, dal 1624 in poi, che fanno luce su un mondo di cavalieri, ordini religiosi, ricchi prelati o nobili che elargivano doni in segno di ringraziamento o mirati a promozioni nella Curia romana, di artisti più o meno celebri, di architetti, scultori o semplici artigiani. In tal modo è possibile conoscere l’esatta provenienza oppure il soggetto e le vicende attributive di numerosi quadri e sculture. Un dono molto gradito fatto dal cardinale Spinelli fu, per esempio, il «Sacrificio di Noè», ora a Tatton Park (Chesire, U.K.), allora ritenuto «originale» del grande classicista Poussin e perciò altamente valutato da monsignor Bottari, illustre bibliotecario dei Corsini, nel suo inventario del 1750. Già Anthony Blunt nel 1962 aveva ipotizzato che il dipinto fosse stato eseguito a Roma «da un imitatore italiano di Poussin» e ora Borsellino, con un’attenta ricerca di fonti, cerca di spiegare quanto ritenuto dal Bottari.

L’autore ci conduce attraverso le sale di esposizione, evidenziando la diversa numerazione nel tempo e la diversa esposizione dei dipinti situati sulle pareti secondo il sistema in uso tra Settecento e Ottocento, fino ad arrivare alle ben dieci sale presenti nel verbale di consegna allo Stato italiano del 1883. Così possiamo fermarci ad ammirare alcuni dei dipinti più significativi della Galleria: il «San Giovanni Battista», capolavoro del Caravaggio, una commovente «Madonna col Bambino» di Orazio Gentileschi, il «Trittico» del Beato Angelico (restaurato per la mostra sull’Angelico del 2009), l’«Ecce Homo» di Guercino, il «San Sebastiano» di Rubens, la «Madonna col Bambino« di Murillo o la «Salomè con la testa del Battista» di Guido Reni, opere che hanno sempre calamitato i visitatori della Galleria.

Della collezione fanno parte inoltre un gruppo di quadri di cosiddetti «Primitivi», acquistati nell’Ottocento da Tommaso Corsini junior e sistemati in un gabinetto annesso all’ottava sala. Come risulta da un fitto carteggio, singolare e gustosa è la vicenda dell’offerta dei quadri da parte del cuoco di casa Corsini, Luigi Rossini, improvvisatosi collezionista e mercante poi divenuto custode della Galleria. Le sculture antiche e moderne e i bronzetti Corsini in special modo, trovano per la prima volta in Borsellino una completa attenzione e trattazione: l’antico «Trono» marmoreo allora ritenuto etrusco, la cinquecentesca «Cleopatra», sarcofagi, rilievi, statue e busti che popolano in parte ancora oggi gli spazi non solo del maestoso palazzo ma anche del vasto giardino che giungeva alla sommità del colle Gianicolo, sembrano vivere attraverso le sue parole; i dettagliati restauri eseguiti su molti pezzi da scultori all’epoca famosi, come Carlo Antonio Napolioni e Clemente Bianchi emergono da documenti venuti alla luce durante la sua lunga e appassionata ricerca.

Veniamo inoltre a conoscere le varie campagne di restauro dei dipinti eseguiti nel Settecento da Domenico Michelini «ristauratore di quadri in Campo Marzo» e dal suo allievo Giovanni Principe e da vari pittori coordinati da Gaspare Landi e da Tommaso Minardi nel secolo successivo. Tali restauri da un lato documentano la presenza di alcuni dipinti nella raccolta già nella prima metà del Settecento, dall’altro hanno costituito la base per una valorizzazione di opere prima non ben visibili perché poste in alto sulle pareti della Galleria, come una «Maddalena» attribuita allora a Carlo Dolci e riportata alla forma originale nel 1836, o al secondo piano.

Oltre ai diaristi e agli autori di guide, Borsellino attinge alle impressioni dei visitatori del Gran Tour e di studiosi come il critico d’arte tedesco Platner, il pittore inglese Turner o lo scrittore francese Flaubert, i quali, ciascuno a suo modo, hanno esaltato i pregi delle opere d’arte presenti in Galleria, testimoniando il loro gusto come segno dei tempi. Ampio spazio occupa la dolorosa vicenda che vide la Galleria Corsini privata di venticinque dei suoi migliori quadri per non aver potuto far fronte al pagamento di una rata della somma imposta dai francesi come contributo per le spese di guerra. La partecipazione di Borsellino alla vicenda è quasi personale; egli ne segue tutta la lite giudiziaria che derivò da tale vendita con dovizia di documenti e, quasi con i Corsini, ci comunica con sollievo che nove dei migliori dipinti vennero ricomprati, tra essi la «Madonna con il Bambino» del Murillo e la «Salomè» di Guido Reni: i dipinti più famosi e molto richiesti dai copisti, che oggi fortunatamente si possono ammirare in Galleria.

Narrata in questo studio con autobiografica partecipazione, è l’opposizione di Borsellino e di altri esperti contro qualsiasi idea di trasferimento o smembramento della Galleria, ventilata qualche anno fa; così come esplicito è il desiderio di rientro di opere Corsini concesse in deposito esterno a varie istituzioni pubbliche. E nonostante l’assenza di una parte dei dipinti e sculture dovuta, appunto, alla prassi dei prestiti esterni (in alcuni casi di difficile restituzione) o a dispersioni o distruzioni, nel suo rigore di rispetto della verità storica, l’autore auspica che gli allestimenti della Galleria si adeguino, per quanto sarà possibile, alla collocazione quale risultava nell’inventario di consegna allo Stato della Galleria (1883), al momento della massima espansione della collezione.

Da notare infine, oltre al ricco apparato fotografico (oltre 400 illustrazioni) e alla puntuale bibliografia fino al 2017, l’«inventario ragionato» (nel, vol. I) di tutti i pezzi Corsini donati allo Stato italiano, sia quelli inventariati nel 1883 che tutti gli altri ancora presenti nel palazzo e nel giardino contiguo, divenuto sede dell’Orto Botanico della Sapienza Università di Roma. Come spera l’autore nell’introduzione, esso va considerato come punto di partenza per un catalogo generale della collezione «ancora da scrivere», a cui la direzione delle Gallerie Nazionali sta alacremente lavorando. L’Appendice documentaria, che occupa l’intero secondo volume, è costituita da un poderoso regesto di lettere, ricevute di pagamento, conti, atti notarili e giudiziari a cui si aggiunge un catalogo di 58 inventari della Collezione Corsini, di cui 41 trascritti, che hanno costituito il filologico su cui sviluppare l’intera storia della raccolta.

La Collezione Corsini di Roma dalle origini alla donazione allo Stato italiano. Dipinti e sculture,
Enzo Borsellino, 2 voll., 700 pp., ill. col.e b/n, Edizioni Efesto, Roma 2017, € 70
 

«Visione di Santa Caterina Fieschi Adorno» di Marco Benefial. Roma, Galleria Corsini

«Salomè» di Guido Reni. Roma, Galleria Corsini

«San Giovanni Battista» di Caravaggio. Roma, Galleria Corsini

Madonna col Bambino» di Orazio Gentileschi. Roma, Galleria Corsini

«Storie della vita di Cristo e Santi» di Giovanni da Milano. Roma, Galleria Corsini

Alessandro Zuccari, 07 marzo 2022 | © Riproduzione riservata

I Corsini, una famiglia di papi, cardinali e mecenati | Alessandro Zuccari

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