Andrea o Giovanni Della Robbia, Medaglione con lo stemma del Portogallo (sopra fondo di azulejos della bottega sivigliana di Fernan Martinez Guijaro). Lisbona, Museu Nacional de Belas-Artes e Arqueologia.

Image

Andrea o Giovanni Della Robbia, Medaglione con lo stemma del Portogallo (sopra fondo di azulejos della bottega sivigliana di Fernan Martinez Guijaro). Lisbona, Museu Nacional de Belas-Artes e Arqueologia.

Ho visto il regno rinnovarsi

A Lisbona una mostra nel cinquecentenario di Emanuele d’Aviz, quattordicesimo re di Portogallo, detto «O Venturoso» o «O Afortunado»

A cinque secoli tondi dalla morte di Emanuele d’Aviz, detto l’Avventuroso o il Fortunato (O Venturoso o O Afortunado) (Alcochete 1469 – Lisbona  1521), duca di Beja e di Viseu, quattordicesimo re del Portogallo e dell’Algarve, «signore della Guinea in Africa, signore della conquista, della navigazione e del commercio dell’Etiopia, dell’Arabia, della Persia e dell’India», Lisbona gli dedica una mostra (Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga, fino al 26 settembre 2021).

«Vi o Reino Renovar» (Ho visto il regno rinnovarsi) è il titolo, tratto da una frase pronunciata dal sovrano. Poteva ben dirlo, visto che durante il suo regno Vasco da Gama, doppiando il Capo di Buona Speranza, sbarcò a Calicut (1498) e sette anni più tardi Francisco de Almeida diventava il primo vice-re dell’India, Alfonso de Albuquerque, conquistando Malacca, Goa e Ormuz, stabiliva il dominio sulle rotte commerciali dell’Oceano Indiano e del Golfo Persico mentre, dall’altra parte del mondo, Pedro Álvares Cabral scopriva la Terra di Vera Cruz, ossia il Brasile (1500). Per non dire delle scoperte della Groenlandia e di Terranova, delle relazioni diplomatiche e commerciali con la Persia e la Cina, o le conquiste sulla costa africana del Marocco delle roccaforti di Safim (Safi), Azamor (Azemmour) e Agadir.

Si tende a dimenticare ma, grazie a quella politica di conquista marittima, ancora fino al 1975, il Portogallo dominava su terre lontane, dalle isole di Capo Verde e São Tomé e Príncipe, alla Guinea Portoghese, l’Angola, l’Africa Orientale Portoghese (il Mozambico), l’India Portoghese (Goa, annessa all’India nel 1962), Timor Est e il Protettorato di Macao (passato alla Repubblica Popolare Cinese solo nel 1999).

Nata dall’unione delle forze del Museu Nacional de Arte Antiga (MNAA), la Biblioteca Nacional de Portugal e l’Arquivo Nacional Torre do Tombo, la mostra indaga il rapporto tra il re e la pratica artistica, per la chiarezza con la quale Emanuele I intuì l’importanza del linguaggio artistico come mezzo di rappresentazione e affermazione del suo potere.

Quelli del suo regno furono anni d’oro per gli architetti (lo stile «manuelino», ossia il tardo gotico portoghese, prende nome proprio da quel monarca), i pittori, gli scultori, i miniatori e gli intagliatori, non soltanto lusitani, sia chiaro, ma anche indigeni delle Indie, sia quelle d’Oriente sia quelle d’Occidente; dopotutto, chi non apprezza ancor oggi un prezioso monetiere intarsiato in essenze esotiche, madreperla e avorio, frutto dell’estro indo-portoghese? Per vederla, c’è tempo fino a settembre. Il catalogo è solo in portoghese ma a leggersi si comprende meglio che a sentirlo parlare.

Andrea o Giovanni Della Robbia, Medaglione con lo stemma del Portogallo (sopra fondo di azulejos della bottega sivigliana di Fernan Martinez Guijaro). Lisbona, Museu Nacional de Belas-Artes e Arqueologia.

Marco Riccòmini, 29 luglio 2021 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Così la ritrae fotografo Luigi Spina nel suo ultimo volume «Interno Pompeiano» per 5 Continents

Sono state da poco inaugurate le dodici sale dedicate agli autoritratti degli artisti al primo piano del museo fiorentino

Il libro di Raffaella Morselli guarda al dietro le quinte dell’opera d’arte come prodotto di commercio

Dal divorzio di due mecenati americani Sotheby’s venderà un importante nucleo di tele barocche. Sarà un’occasione di riscatto per il mercato degli Old Master?

Ho visto il regno rinnovarsi | Marco Riccòmini

Ho visto il regno rinnovarsi | Marco Riccòmini