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Una scena di «Bonjour» (2015) di Ragnar Kjartansson. Foto Justine Emard

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Una scena di «Bonjour» (2015) di Ragnar Kjartansson. Foto Justine Emard

Guardate e immergetevi in ART CITY Bologna

Il MAMbo è l’epicentro di un programma di mostre e performance dal 17 gennaio

Valeria Tassinari

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Bologna. La rappresentazione lineare del tempo, concetto già in crisi all’epoca dalle avanguardie storiche sulla scia della nuove visione relativistica che coinvolse psicanalisi, filosofia e scienza all’inizio del XX secolo, oggi è al centro di una revisione radicale. Numerosi nuovi modelli teorici, infatti, hanno introdotto il loop, la ripetizione circolare, in molti aspetti della sperimentazione, dalla fisica quantistica alla comunicazione di massa, dall’organizzazione del lavoro fino alle arti visive.

Entra subito nel vivo del tema, grazie a un titolo che suona come un mantra, «AGAINandAGAINandAGAINand», una mostra pensata come apertura della nuova stagione del contemporaneo, capocordata tra le proposte che compongono il progetto ART CITY Bologna 2020, il vasto programma istituzionale di iniziative speciali, promosso dal 17 al 26 gennaio dal Comune di Bologna in collaborazione con Bologna Fiere in occasione di Arte Fiera.

Il curatore, con l’assistenza di Sabrina Samorì, è Lorenzo Balbi, direttore del MAMbo-Museo d’arte moderna di Bologna dove la mostra è aperta dal 23 gennaio al 3 maggio. L’obiettivo è indagare il tema della ripetizione e della ciclità, incrociando l’analisi sociologica dell’impatto fisico e psicologico esercitato dalle nuove tecnologie sulla nostra vita, con riflessioni di carattere filosofico, religioso ed ecologico.

Gli artisti scelti hanno concepito ambienti immersivi, differenziati e asincronici tra loro, spaziando tra i diversi media (performance, video, scultura, pittura, fotografia e installazione). Apostolos Georgiou, ad esempio, nei suoi dipinti propone il tema della ripetitività alienante del lavoro; Ragnar Kjartansson restituisce la quotidianità di una coppia attraverso una pièce teatrale, mentre Ed Atkins indaga sulla condizione del viaggiatore negli aeroporti, Luca Francesconi recupera la tradizione rurale, Susan Philipsz fa sperimentare al visitatore il disagio prodotto da una ripetizione sonora, Cally Spooner indaga gli effetti della crono-normatività sul corpo e Apichatpong Weerasethakul evoca la reincarnazione.

Dentro e soprattutto fuori dal MAMbo si articolano i numerosi progetti, espositivi e non, ufficiali e collaterali, temporanei e durevoli, programmati con una raffica di inaugurazioni per intercettare il flusso di visitatori di Arte Fiera. Alcuni poli di attenzione si delineano per l’eterogeneità delle proposte: sempre al MAMbo, «Figurabilità. Pittura a Roma negli anni Sessanta» curata da Uliana Zanetti e Barbara Secci, riporta l’attenzione sulla generazione di pittori che, dopo Guttuso, continuò a interessarsi di politica e dibattito estetico.

La prima grande antologica italiana dell’artista multimediale Antoni Muntadas, intitolata «Interconnessioni» è allestita a Villa delle Rose, curata da Cecilia Guida e dall’instancabile Lorenzo Balbi, che cura anche il progetto plastico di Francesca Ferreri dal titolo «Gaussiana», ambientato a Casa Morandi. La fotografia di Silvia Camporesi fa parte nel progetto «Circular view», allo Spazio Carbonesi; «Vestimenti», della bolognese Sissi, viene presentata a Palazzo Bentivoglio in uno scenografico allestimento dei suoi abiti scultura (a cura di Antonio Grulli).

Sulla linea site-specific merita uno sguardo la visione rovesciata della Cappella di Santa Maria dei Carcerati a Palazzo Re Enzo, con un intervento di Ann Veronica Janssens promosso dalla galleria Studio G7 di Bologna in collaborazione con la galleria Alfonso Artiaco di Napoli. Si inoltra invece in uno spazio privato, ma utilizzando la parola, la performance teatrale «Io sono un pittore», con cui viene per la prima volta riaperto lo studio di Concetto Pozzati, dopo la sua scomparsa nel 2017, con Angela Malfitano alla regia e Massimo Scola come interprete.

E performativo è anche lo Special Project questa edizione di ART CITY, ovvero la presentazione in prima nazionale de «La Vita nuova», l’ultimo lavoro di Romeo Castellucci, regista insignito del Leone d’Oro alla carriera per il Teatro dalla Biennale di Venezia, che interviene negli spazi di DumBO. Infine, tra le tante occasioni di imbattersi, anche casualmente, nei linguaggi del contemporaneo, incuriosirà certamente i viaggiatori l’ambiente polisensoriale «Morestalgia», installazione multimediale di Riccardo Benassi a cura di Xing/Live Arts Week IX (2019) e allestita nello spazio sotterraneo della Hall Alta Velocità della Stazione Bologna Centrale.

Valeria Tassinari, 16 gennaio 2020 | © Riproduzione riservata

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