La cupola di San Pietro

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La cupola di San Pietro

Grand Tour in 3D: le Basiliche Papali romane al cinema

Micol Forti: «Per comprendere l’antica basilica di San Pietro si deve andare a San Paolo Fuori le Mura»

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Arianna Antoniutti

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Roma. Esce oggi nei cinema e resterà in programmazione sino al 13 aprile in 250 sale italiane (elenco delle sale su www.basilicheroma3D.it e su www.nexodigital.it), per essere poi distribuito da Nexo Digital in circa 50 paesi nel mondo, il film «San Pietro e le Basiliche Papali di Roma 3D», realizzato da Sky 3D e dal Centro Televisivo Vaticano in collaborazione con Nexo Digital, Magnitudo Film e Sky Arte HD.

Dopo «Musei Vaticani 3D» e «Firenze e gli Uffizi 3D», questa produzione Sky, riconosciuta film di interesse culturale dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo-Direzione Generale Cinema, propone, nell’anno del Giubileo della Misericordia, un percorso attraverso le Basiliche Papali romane: San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo Fuori le Mura. Brani dalle Passeggiate romane (1829) di un viaggiatore e cultore della bellezza come Stendhal, ci conducono, con la voce di Adriano Giannini, attraverso prospettive vertiginose, dettagli impossibili da raggiungere per l’occhio umano, visioni aeree nell’esperienza d’immersione totale permessa dalla tecnologia 3D. Guide d’eccezione accompagnano lo sguardo dello spettatore: Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, illustra San Pietro partendo dall’abbraccio di pietra della sua piazza, la più bella del mondo secondo lo scrittore francese. Dall’edificazione della basilica costantiniana sulla tomba dell’apostolo si giunge al trionfo berniniano del Baldacchino e della Cattedra, sino alla maestosa gloria della cupola michelangiolesca, che Paolucci saluta con i versi di Giuseppe Giocchino Belli: «Chi ppopolo po’ èsse, e cchi sovrano, / che cciàbbi a ccasa sua ‘na cuppoletta / com’ er nostro San Pietr’ in Vaticano?».

La basilica di San Giovanni in Laterano è raccontata dall’architetto Paolo Portoghesi, che si sofferma sulle «camere di luce» pensate da Borromini, adornate da imponenti teste di angeli, nelle quali «sembra di percepire il brusio delle ali dei cherubini», mentre lo storico dell’arte Claudio Strinati, nella sua narrazione su Santa Maria Maggiore, descrive le colonne della Cappella Sforza progettata da Michelangelo come «calamite che attirano l’anima». «Vi trovai una bellezza severa e un’impronta di dolore», scrive Stendhal della basilica di San Paolo Fuori le Mura, da lui visitata il giorno dopo l’incendio che la devastò nel luglio del 1823.
Ed è con questa testimonianza che si apre l’ultima parte del film: abbiamo chiesto a Micol Forti, direttore della Collezione d'arte contemporanea dei Musei Vaticani, chiamata a illustrare la basilica, cosa leggono ora i nostri occhi dopo la ricostruzione: «La visione di Stendhal, imbevuta di romanticismo, è parte di un immaginario poetico che sappiamo ben contestualizzare. Attualmente, al visitatore si offrono due tipi di percezione: la prima è quella del nitore della basilica, del suo ordine. La pulizia architettonica, in cui tutto è apparentemente al suo posto, è frutto di un’operazione di reinterpretazione dell’antico, di un antico che a sua volta era già un ibrido. L’edificio costruito nel IV secolo sorge difatti sull’originaria basilica costantiniana, che doveva avere dimensioni modeste e orientamento differente. La seconda caratteristica, assolutamente peculiare, è che San Paolo è l’unica chiesa a conservare impianto basilicale paleocristiano. Paradossalmente, se si desidera attraversare uno spazio analogo all’antica San Pietro, è necessario recarsi a San Paolo, sola basilica con le caratteristiche paleocristiane del quadriportico, delle cinque navate, dei due ordini».
Come ha costruito il suo viaggio all’interno della basilica?
Per San Paolo ho seguito il filo d’Arianna del contesto, il peso si è spostato su quanto questa basilica rappresenta, fa convergere e ruotare intorno a sé. Anche perché a differenza delle altre, soprattutto a differenza di San Pietro e Santa Maria Maggiore, non possiede un patrimonio di eccellenze artistiche così affollato. Conserva gioielli come il Cero Pasquale (fine XII secolo) o la Porta bizantina del 1070, dallo stile garbatissimo, fragile, pittorico, opere che sono sopravvissute ma che si trovano, decontestualizzate, ad essere non nello spazio che le ha generate. Ho lavorato dunque sulla funzione che la basilica ha svolto nei secoli, sia come testimonianza storica, in quanto sepoltura di San Paolo, ma anche come polo di aggregazione della città nella zona ostiense.
Qual è il legame tra il patrimonio millenario dei Musei Vaticani e le nuove tecnologie?
È un legame che si sta rinsaldando, un dialogo in fieri e in fase di costante cambiamento, perché le nuove tecnologie insegnano che non si raggiunge un punto e ci si ferma, ma che si deve costantemente proseguire. È proprio nel dialogo con le nuove tecnologie che il museo deve costruire questa agilità di confronto.

La cupola di San Pietro

Arianna Antoniutti, 11 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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