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Gli anniversari di Julia Margaret

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Redazione GDA

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Doppio anniversario per Julia Margaret Cameron: nel 1815 la fotografa nasceva Julia Margaret Platt a Calcutta, quarta di sette sorelle, figlie di un ufficiale dell’East India Company e di un’aristocratica francese, mentre nel 1865 teneva la sua prima (e unica) mostra personale al South Kensington Museum di Londra, quello che sarebbe diventato il Victoria and Albert Museum, e che oggi ospita una sua retrospettiva itinerante, interamente composta da materiali appartenenti all’istituzione londinese (dal 28 novembre al 21 febbraio, a cura di Marta Weiss, catalogo Mack).

Fra queste due date, una vita spesa dapprima in Francia, poi nuovamente in India, con una parentesi estremamente significativa in Sudafrica, dove farà due incontri decisivi per la sua vita: il primo con Sir John Herschel, astronomo e tra i pionieri della fotografia, che la introdurrà ai primi rudimenti e segreti dello strumento, il secondo con Charles Hay Cameron, di vent’anni più vecchio di lei, destinato a diventare suo marito nel 1838.

Trasferitasi con lui e i sei figli in Inghilterra dieci anni dopo, la Cameron inizia a fotografare solo nel 1860, quando si trasferisce a Freshwater, sull’Isola di Wight, che diverrà la sua residenza principale. L’amicizia con una parte significativa del mondo culturale inglese, e in particolare con Sir Henry Cole, direttore dell’allora neonato South Kensington Museum, le diede modo non solo di sviluppare il proprio originale linguaggio fotografico e di esporlo, ma anche di avere a partire dal 1868 uno studio all’interno dello stesso museo, nel quale realizzare i ritratti che la renderanno celebre e che oggi si trovano alle pareti del Victoria and Albert.

Ritornata a Calcutta nel 1875, morirà nella capitale indiana quattro anni dopo: una vita tutto sommato normale per una rappresentante dell’alta borghesia coloniale inglese (con quarti di nobiltà francese), ma arricchita e resa unica dalla passione scoperta tardivamente per la fotografia, con la quale da un lato cercava di rendere tutta la bellezza e la verità dei volti di chi le stava vicino, dall’altro riusciva a mettere in scena straordinarie ricostruzioni di personaggi e scene tratte dai capolavori della letteratura e della mitologia, dando vita, tra le primissime, a quella corrente pittorialista che avrebbe segnato un’intera epoca fotografica.

Realismo e invenzione si alternano continuamente nelle oltre cento immagini che compongono la mostra odierna, il cui filo comune è rappresentato da una tecnica particolare, apparentemente grezza, a volte sgrammaticata e a volte raffinatissima, con l’uso del flou, dello sfumato quale elemento stilistico ed espressivo primario.

Charles Darwin e Saffo, angioletti ed elfi, Madonne e donne reali, la fotografia della Cameron è stata capace di passare dalla documentazione del suo ambiente e del suo tempo alla creazione di luoghi e storie senza tempo, alla ricerca di un’idea di bellezza certo datata, ma che la fotografia è riuscita a trasformare in una nuova e inattesa variante della ritrattistica ottocentesca. In mostra, accanto alle fotografie, anche lettere e documenti che testimoniano dei rapporti della fotografa con l’ambiente culturale che la circondava, dal poeta Tennyson al pittore Watts.

Redazione GDA, 23 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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